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Covid, le criticità dei protocolli. Parlano i cittadini

Tachipirina e vigile attesa, protocolli anti-covid che ha messo in pericolo e aggravato le condizioni dei cittadini durante la pandemia

Questa sera con i sindacati parliamo del servizio sanitario nazionale in particolare del covid e dei protocolli usati. Gli ospiti in studio: Marj Pallaro, segretario generale della CISL del Veneto, Sonia Todesco della CGIL del Veneto e Pietro Gasparoni, il nostro testimonial sulla sanità.

Pietro Gasparoni, Specialista di Medicina Interna: “Si parlava dell’Ospedale al Mare di Lido. Nel campo della reumatologia negli anni Settanta e Ottanta era un riferimento almeno a livello nazionale. C’erano due presidi nel Nord Italia, forse qualcuno in più che adesso mi sfugge, ma erano il Sant’Anna a Ferrara e l’Ospedale al Mare di Venezia. Era punto di riferimento per le malattie reumatologiche”.

L’esperienza del cittadino Roberto

Luigi Gandi:” Abbiamo con noi in linea un ascoltatore, il Sig. Roberto. Qual è stata la sua esperienza?”

Roberto, cittadino: “La mia esperienza è stata la tecnica di tachipirina e della vigile attesa. Il mio medico curante mi ha detto che dovevamo seguire il protocollo, e questo consisteva nel fornire a lui giornalmente la temperatura corporea, la frequenza respiratoria e con il saturimetro la pressione parziale d’ossigeno.

Questo mi ha comportato una febbre abbastanza alta, attorno ai 38-39 gradi, che, pur prendendo non la tachipirina in quanto ho preferito utilizzare un altro anti-infiammatorio, ha continuato a salire finché dopo la domenica, a 7 giorni dall’inizio della terapia mi hanno mandato quelli dell’USCA per fare una visita e verificare se avevo una polmonite bilaterale.

Quelli dell’USCA successivamente erano indecisi. Inizialmente volevano mandarmi a piedi, con i miei mezzi, a fare dei raggi, per poi convincersi a farmi mandare in ambulanza. Sottoponendomi ai raggi, è emerso che praticamente avevo una polmonite bilaterale. Io per 6-7 giorni ho preso solo anti-infiammatori e quindi quando sono arrivato in ospedale non ho potuto fare i monoclonale, perchè erano già passati i 7-8 giorni che sono ideali per la terapia monoclonale”.

Protocolli politici più che sanitari

Luigi Gandi:” È incredibile il protocollo Pietro. La tachipirina e la vigile attesa comportava un non immediato intervento contro il COVID e il signore è finito in terapia semi-intensiva”.

Pietro Gasparoni:”Il problema, che oggi è più noto e attuale, è che poteva essere conosciuto previsto già a febbraio 2020, perchè questa è la verità, una tragica realtà in cui si è voluto dare un protocollo, indicare dei comportamenti, dato dalla politica della medicina. Questa è la negazione della scienza. Ognuno ha un proprio ruolo nella vita pubblica”.

Luigi Gandi:”Al medico di base che ha applicato un protocollo sapendo che poi di fatto portava i casi o alla terapia intensiva o a quella semi-intensiva o addirittura alla morte: l’applicazione di protocolli sbagliati cosa ha comportato? Ha adottato delle azioni di protesta nei confronti del suo medico curante?”.

Roberto, cittadino: “No anche perchè è andato in pensione con l’inizio del 2023 e quindi non ho fatto niente. Resta comunque una procedura scandalosa. Io ho fatto l’informatore farmaceutico per 10 anni e facevamo i trail per le polmoniti e non riesco a capire come mai non si sia fatto un protocollo un po’ diverso insomma”.

Luigi Gandi:” E poi eravate voi medici che eravate dalla parte delle terapie domiciliari ad essere condannati e non coloro che applicavano protocolli sbagliati”.

Pietro Gasparoni:”io non voglio essere censore di nessuno, O quantomeno di porre il dubbio sulla narrazione della clinica del COVID. Bisogna dare voce ad un senso di giustizia che è necessario. C’è stata un’intimidazione collettiva che è una roba incredibile con tutti i mezzi possibili”.

GUARDA ANCHE: Gasparoni: “Non si è accettata la clinica della malattia”

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