Ching Chiat Kwong rompe il silenzio
Anche lui è coinvolto nell’inchiesta con l’accusa di corruzione, insieme al suo ex socio Claudio Vanin, per il presunto pagamento di una tangente all’ex assessore Renato Boraso. L’accusa riguarda l’acquisto di Palazzo Papadopoli, avvenuto per 10 milioni e ottocentomila euro anziché per 14 milioni.
In una nota inviata ai media, Ching ha fermamente negato di aver pagato tangenti e, soprattutto, ha dichiarato di non conoscere personalmente Renato Boraso. Ching, direttore esecutivo della Oxer Holdings Limited, ha attribuito a Vanin i legami personali e professionali con l’ex assessore.
Le accuse al magnate
Per quanto riguarda i quarantuno ettari dei Pili, terreno che Ching era interessato ad acquistare, il tycoon ha negato di aver incontrato il sindaco Luigi Brugnaro tra il 2016 e il 2017. Ha invece affermato che i contatti avuti non si sono mai concretizzati in trattative o progetti specifici.
La procura veneziana, tuttavia, nei verbali dell’inchiesta descrive una trattativa ben definita. Secondo i documenti, ci sarebbero state due offerte di vendita dell’area dei Pili al magnate di Singapore: la prima per 85 milioni di euro e la seconda per 150 milioni di euro, in cambio di un aumento dei permessi edilizi.
La controversia dei Pili
Ching ha voluto precisare che le sue relazioni con Vanin non implicano alcun comportamento illecito da parte sua. Ha inoltre sottolineato che le accuse mosse nei suoi confronti sono infondate e che la sua condotta è sempre stata in linea con la legge.
L’inchiesta, che ha già sollevato un polverone mediatico, continua a coinvolgere vari esponenti del panorama politico e imprenditoriale veneziano. Gli sviluppi futuri determineranno se le accuse verranno confermate o se si tratterà di un malinteso che ha coinvolto figure di spicco della città.
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