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Per il magistrato De Gioia, Turetta non rischia l’ergastolo

Non è ancora chiaro quali reati saranno contestati a Filippo Turetta dato che il 22enne di Torreglia non ha ancora parlato con i giudici italiani e l'auto è per il momento ancora in Germania, ma tra gli esperti trapela la convinzione che Turetta potrebbe rimanere in carcere pochi anni

Filippo Turetta, il ragazzo accusato di aver ucciso Giulia Cecchettin, non rischierebbe l’ergastolo, perché, in realtà, mancherebbero le aggravanti. È il parere del giudice Valerio De Gioia, espresso durante la trasmissione Zona Bianca e che sta indignando l’opinione pubblica.

Il parere del magistrato su Turetta

Il parere del magistrato è tecnico e parte da una considerazione: la relazione sentimentale è un aggravante che porta alla pena massima, ma i due si erano lasciati e quindi la pena sarà di gran lunga inferiore. Inoltre De Gioia, che è consigliere della Corte d’Appello di Roma, ha aggiunto che senza ergastolo Turetta potrebbe accedere al rito abbreviato e ottenere un ulteriore sconto di un terzo della pena. Poi, durante l’esecuzione, c’è una diminuzione quasi automatica di quattro anni di reclusione.

Insomma, il 21enne Filippo Turetta, accusato di aver tolto la vita di una coetanea, potrebbe uscire dal carcere dopo 12 anni di reclusione. Ancora, nel caso venisse riconosciuta l’infermità mentale, potrebbe ottenere l’assoluzione o del caso della semi infermità, la pena scenderebbe sotto i 12 anni. Filippo Turetta dal carcere veronese di Montorio in questo fine settimana ha chiesto anche di vedere i suoi genitori.

L’incontro con il legale

Oggi il ventunenne di Torreglia ha incontrato il suo legale: l’avvocato Giovanni Caruso, che sostituisce Emanuele Compagno dopo la sua rinuncia alla difesa, e potrebbe chiedere gli arresti domiciliari e la perizia psichiatrica. Domani, martedì, ci sarà dentro l’interrogatorio di garanzia; solo dopo il ragazzo potrà vedere i suoi genitori. Gli investigatori, intanto, attendono l’ok dalla magistratura tedesca per riportare la Fiat Grande Punto in Italia e poter capire se c’è stata premeditazione. È certo che sono stati trovati i sacchi di plastica nera accanto al cadavere di Giulia Cecchettin e altri reperti.

Il commento di Luciano Garofano

Alla premeditazione ha accennato anche Luciano Garofano comandante del RIS di Parma fino al 2009, parlando della tragica fine di Giulia Cecchettin, a margine di una manifestazione a Capri, nell’ambito delle iniziative per la giornata internazionale contro la violenza: “Sembrava veramente una coppia felice, ma poi scavando scavando ci siamo resi conto purtroppo che quegli indicatori c’erano e che forse non sono stati considerati nella loro gravità. Nessuno di noi credo che si aspettasse che accadesse quell’epilogo, addirittura con premeditazione. Dobbiamo riflettere molto su questo caso per poi aiutare altre persone che si trovano in questa situazione”.

Fondamentale, secondo Garofano, il ruolo della famiglia e della scuola. “Io credo che se vogliamo invertire questi numeri drammatici dobbiamo ripuntare sull’educazione. E le agenzie educative più importanti sono la scuola e la famiglia. La famiglia deve riassumere il ruolo di quel luogo di valori, di trasmissione di regole e di esempio per i nostri ragazzi e deve trovare nella scuola alleanza e sinergia totale”. Infine, le donne devono “aprirsi e parlare in famiglia e con gli amici e soprattutto avere la forza di denunciare, non quando le situazioni si sono cristallizzate in maniera negativa ma già dai primi sintomi e dai primi momenti di esternazione e di declinazione alla violenza”.

GUARDA ANCHE: Giulia Cecchettin, sempre più caso politico

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