La Voce della Città Metropolitana

Maurizio Franceschi: i negozi di Mestre e la sopravvivenza delle imprese

A Mestre i commercianti continuano a resistere, ma è inevitabile mettere in conto anche il fallimento.  Il direttore della Confesercenti Veneta Maurizio Franceschi chiede una cambio della visione giuridica di chi fallirà dato che non ne ha colpa

Maurizio Franceschi direttore confesercenti Veneta, è intervistato a riguardo della condizione delle imprese di Mestre e le buie aspettative per la nuova ondata virale.

Maurizio Franceschi sopravvivenza delle imprese

“Penso che la realtà di Mestre rappresenti la realtà generale del paese” commenta Franceschi “un mondo del commercio in sofferenza da fin prima della pandemia“. E’ un’immagine preoccupante quella dipinta da Franceschi sulla crisi affrontata dal negoziante medio, forse proprio perché realistica. Molti negozi a Mestre affronteranno chiusura e fallimento, realtà che secondo Franceschi dovrà essere affrontata sul piano legislativo.

“Non possiamo additare la responsabilità di questo su una cattiva gestione delle imprese” rimarca il direttore “e già prima della pandemia un preoccupante 23% delle attività Mestrine consisteva di negozi sfitti”. Franceschi continua sottolineando il rischio di usura e di infiltrazione di un apparato criminale nel mercato per sopperire alla scarsa efficienza dei provvedimenti per accedere al credito, dimostratisi di scarsa efficacia.

La resistenza del negozio storico

Non sono solo notizie cupe da Mestre però, dove si è vista una notevole resilienza dei negozi storici della città. Sull’argomento Franceschi identifica la capacità di adattamento e di rendersi insostituibili all’apparato economico della comunità come motivazioni per la sorprendente resistenza di queste imprese, rispetto alle generiche  catene che costituiscono il grosso del mercato cittadino medio.

I centri commerciali e le scappatoie del DPCM

Alcuni centri commerciali sono riusciti a rimanere aperti grazie alla loro specifica topografia. Definiti parchi commerciali, queste strutture non convergono su una singola entrata coperta, ma sono composti di ambienti sparsi,  non rientrando quindi, tra le imprese soggette alle restrizioni del DPCM.

Al riguardo Franceschi si augura che la legislazione si adatti alla necessità che queste strutture rappresentano, essendo questi, di fatto, luoghi di assembramento.  Un problema sanitario prima ancora che economico, sebbene la disparità di competizione con queste imprese sia a sua volta soggetto di preoccupazione.

Il futuro delle imprese Mestrine

“In questi luoghi il flusso quantitativo è così elevato che l’unica alternativa alla chiusura è la futura, auspicabile apertura” commenta Franceschi riguardo ai prospetti offerti da misure più graduali.

“Deve esserci un nuovo livello di assunzione di responsabilità da parte della legislazione e da parte dei cittadini” sottolinea il direttore.

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