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Biennale Musica: in scena nuovi strumenti

Per produrre suoni ed infrangere i limiti vissuti finora servono nuovi strumenti. Alla Biennale Musica ne sono stati mostrati alcuni

Alla Biennale Musica di Venezia esordiscono nuovi strumenti musicali. Sicché le avanguardie del suono per scoprire nuove frontiere hanno bisogno di nuove fonti sonore. Qualcosa di diverso dal pianoforte, dalle trombe, violini e tamburi.

Il magma sonoro che avete sentito costituisce il progetto College di Fabio Machiavelli, dal titolo: “Machines inside me”.

I nuovi strumenti musicali alla Biennale Musica

“L’inizio – ha spiegato Machiavelli ad Askanews – è sempre un’idea musicale che io ho, sono diverse idee che io sto sviluppando negli anni, che mi sono accorto non era possibile sviluppare pienamente con degli strumenti ordinari o quelli più comunemente conosciuti, e anziché cercare di modificare quegli strumenti, a un certo punto ho deciso che il miglior compromesso era quello di andarmi a costruire degli strumenti personali che potessero produrre i tipi di sonorità e il tipo di controllo sul suono che serviva per i miei brani”.

L’obbiettivo non è soltanto scoprire suoni nuovi ma controllarli e plasmarli.

Il risultato è uno spazio sonoro complesso, a tratti disturbante nella sua stranezza, ma il più delle volte capace di trasmettere l’idea che il suono esiste, fa parte del mondo che abitiamo, della sua chimica profonda, in un certo senso. Il punto è la sua gestione da parte del compositore.

Machines inside me

“L’obiettivo – ha aggiunto Machiavelli – è poter andare a controllare il suono in modi che di solito non è possibile. Questo perché solitamente gli strumenti sono costruiti per suonare all’interno della scala di note che produce il pianoforte. Quando provi ad andare al di fuori di questo schema diventa un po’ complicato e quindi chiedi uno sforzo ai performer. Costruendo gli strumenti è possibile semplificare la produzione di quei suoni che non sono all’interno di quei range specifici, di quelle scale specifiche”.

Uno spazio nuovo

Questo fa, in senso più largo e quando funziona al meglio, la Biennale di Venezia come istituzione: avvicina concetti culturali, ma anche politici ovviamente, che normalmente sono fuori dallo spettro percepito, li rende presenti, li rende reali. Ecco, questa misura di realtà che si concede a suoni – ma vale per moltissimi altri ambiti – inconsueti è il patrimonio da difendere, la partita da giocare perché la cultura possa incidere davvero su ciò che sta fuori dalle sale concerto o dagli spazi espositivi.

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