Cultura e Spettacolo

Siamo sempre più dipendenti dalle “pillole dell’amore”?

In Italia, nel 2016, sono stati venduti quasi 34 milioni di pillole contro la disfunzione erettile, oltre la metà – 19 milioni – senza prescrizione medica.

Cresce esponenzialmente in Europa l’utilizzo delle pillole contro la disfunzione erettile: oltre 180 milioni quelle vendute nel 2016, di cui quasi 33,6 milioni solo in Italia. Lo certifica uno studio presentato nei giorni scorsi a Londra, al congresso dell’European Association of Urology, che mette in guardia sui pericoli derivanti dal ricorso alle cure fai-da-te.

Il gruppo di ricerca internazionale – che ha raccolto i dati di mille uomini provenienti da sette Paesi, compreso il nostro – specifica che dei 180 milioni di pillole vendute solo poco più di 70 vengono da diagnosi e prescrizioni mediche: la tendenza emergente è infatti quella del “fai-da-te”, ricorrendo a farmaci che non necessitano di ricetta, disponibili sul web o attraverso canali diversi dalle farmacie: circa tre milioni e mezzo (oltre 600mila in Italia) sono stati distribuiti nei sexy shop.

Quindi solo il 40% degli acquirenti ha ricevuto una diagnosi e può essere ricondotto alla categoria “paziente”, mentre la maggioranza sceglie per conto suo medicinali, magari a dosaggi più bassi, senza mai consultarsi con il medico. Si tratta dei così detti “performer”, mediamente più giovani dei pazienti, che utilizzano le pillole per migliorare le proprie prestazioni sessuali; oppure percepiscono di avere un problema, ma non vogliono parlarne con un esperto. 

Ma le cure fai-da-te, oltre a una possibile minore soddisfazione a causa di un prodotto meno controllato, presentano gravi rischi per la salute in quanto in queste pillole non acquistate in farmacia possono essere presenti impurità, elementi tossici o, nella migliore delle ipotesi, dosaggi sbagliati che incrementano il pericolo di eventi avversi. Infine, «chi dichiara l’utilizzo di farmaci contro la disfunzione erettile rappresenta ancora solo la punta di un iceberg», dicono gli esperti sottolineando che il disturbo risulta tuttora sotto-diagnosticato e scarsamente trattato.

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