La Voce della Città Metropolitana

Mira, aiuti alle persone in difficoltà: parla il sindaco Dori

Confermata la notizia della chiusura della Speedline di Santa Maria di Sala entro la fine del 2022. I sindacati sul piede di guerra hanno annunciato lo sciopero e si apre dunque un altro fronte per il mondo del welfare. Oggi parliamo di nuovi poveri con il sindaco di Mira Marco Dori, che guida un territorio di attività floride, ma anche di aree depresse

Siamo in collegamento con il sindaco di Mira, Marco Dori. Un volto noto, lo abbiamo già intervistato. Era da un po’ che lo volevamo sentire su quello che sta facendo il comune di Mira per il welfare, per chi è in difficoltà. Molti sindaci magari tendono a non dirlo; lui in particolare si è esposto dicendo che c’è un problema. C’è gente che non riesce ad arrivare alla fine del mese. Il comune di Mira su questo, è in prima linea. Da tre anni ha infatti avviato  un’iniziativa particolare e ancora adesso la sta rifinanziando. Volevamo capire dunque come questa ripresa non è il realtà la ripresa di tutti. Vero, Marco Dori?

“Abbiamo un periodo di sofferenza alle spalle. Ancora adesso stiamo vivendo forse un’ulteriore coda della pandemia. Pandemia che, come i telespettatori sanno, in Veneto, in particolare in provincia di Venezia, è partita proprio dalla provincia di Mira come primo caso. Da lì è stato tutto un susseguirsi di chiusure, di difficoltà. La pressione sui nostri punti di solidarietà è aumentata. Sono arrivate le risorse, il comune ha fatto ulteriori progetti, ulteriori finanziamenti. Il problema però non è scomparso, il problema c’è ancora e dobbiamo affrontarlo con fantasia e attivando strumenti nuovi” ha detto Marco Dori.

Strumenti nuovi, per esempio?

“Noi diciamo sempre una cosa; di arrivare prima che arrivi l’emergenza. Dobbiamo intercettare le persone prima che arrivino alla soglia di disperazione dove è effettivamente difficile dare una mano. Dobbiamo quindi intercettare quelle persone che di solito fanno fatica, per pudore, per timore, a rivolgersi al comune. Abbiamo attivato dunque una rete nuova di ascolto coinvolgendo le diocesi e i parroci. Parroci che sono, lo sappiamo, sentinelle sul territorio. Questo in collaborazione con i nostri servizi sociali, in modo tale che o da una parte o dall’altra riusciamo a capire se ci sono persone in difficoltà ed eventualmente a dare anche una mano. Questo perchè bisogna arrivare prima della povertà. Perchè diventa poi una pericolosa spirale per il soggetto ma anche per le famiglie che sono coinvolte.”

Diventa un costo sociale, sia per i bambini, che magari si trovano a vivere delle situazioni difficili, perchè uno regge ma fino ad un certo punto. Poi o si da all’alcol, o si da alla rabbia. Questo mese non si è parlato d’altro se non di un aumento crescente di violenza sulle donne, legate probabilmente anche alla rabbia che cresce nelle famiglie dal disagio. Chi ci rimette sono i più deboli; i bambini e le mamme. Questo naturalmente si vuole evitare. Questo emporio della solidarietà come funziona? Quanto giro ha?

“L’emporio nasce tre anni fa, dalla collaborazione del Comune, di Caritas e anche del ponte solidale. Lo abbiamo avviato in una forma sperimentale, per cambiare atteggiamento e pratica dell’assistenza. Non più le solite borse che vengono portate a casa, ma con una tessera si entra in un piccolo super market e si prende ciò di cui si ha bisogno.

È quindi l’utente che sceglie le cose di cui ha bisogno. Dopo tre anni di sperimentazione, il comune ha deciso di continuare questo tipo di attività perchè i numeri, purtroppo, sono cambiati. I numeri sono aumentati. Una quota interessante è anche rispetto alle famiglie che vengono assistite. Prima si aveva una prevalenza di famiglie straniere, oggi nel 2021 siamo metà e metà. C’è stato dunque un incremento, ma anche un incremento delle persone di nazionalità italiana che chiedono aiuto” ha detto Marco Dori.

Il ceto medio dunque sta reggendo sempre meno. ‘I penultimi saranno ultimi e gli ultimi rimangono ultimi’. Questo è quello che dicono molti sociologi di ciò che sta accadendo in questo paese, mentre chi è molto ricco continua ad aumentare le sue ricchezze. Un’inversione di tendenza quello che dovremmo fare sicuramente. Bastano questi aiuti?

“Gli aiuti non bastano. Noi come associazione abbiamo cercato di evitare che alcuni costi andassero a pesare ulteriormente sulle famiglie. Parlo di costi indiretti causati dal Covid. Ad esempio trasporto scolastico e mense scolastiche. Tutti sanno che per organizzare lo stesso servizio servivano più soldi: serviva più personale, più pulizie e più controlli. Se noi avessimo riversato tutto questo nelle tasche dei cittadini, chiedendo di pagare di più il servizio, ogni famiglia avrebbe dovuto pagare 50-60 euro in più a bambino al mese. L’amministrazione, con un grande sforzo, ha deciso di accollarsi tutte queste spese. Anche questo secondo me è una forma di aiuto, una goccia nel mare che però alla fine dell’anno può valere parecchio” ha detto Marco Dori.

Prima del reddito di cittadinanza esistevano soprattutto i comuni, che attraverso questa rete sociale attraverso varie strutture, riusciva ad intercettare chi aveva veramente bisogno di aiuto. Con il reddito di cittadinanza tutto è stato centralizzato, e forse è anche per questo che molti sono riusciti ingiustamente a ottenere il reddito.

“Il problema del reddito è lo strumento che lo regolamenta. Effettivamente, ad oggi, per quanto riguarda il comune di Mira, non è stato possibile attivare uno solo di questi lavoratori. Avremmo tante attività che vorremmo portare avanti con queste persone che possono dare una mano. La burocrazia quindi in questo caso è stata veramente del deleteria” ha detto Marco Dori.

Ma perchè non riuscite ad impiegarli nei lavori socialmente utili per esempio? Il Movimento 5 Stelle ha detto che sono i sindaci che non vogliono ricorrere a questo istituto.

“Questa è una versione semplicistica di un problema più complesso. Queste persone devono essere adeguatamente formate, devono avere un responsabile di servizio, devono essere anche atte a fare alcuni tipi di lavori. C’è tutto un lavoro di avvio di questi procedimenti che è molto gravoso, e  magari per persone che per loro fortuna dopo poco possono trovare un posto di lavoro. C’è quindi un enorme lavoro preparatorio. Va detto anche che i comuni non possono più lavorare da soli ma bisogna lavorare a livello di ambito.

Dal mio punto di vista se si vuole continuare con il reddito di cittadinanza lo Stato deve preparare bene queste persone e consegnarle già pronte ai Comuni. Altrimenti diventa tutto molto difficile. Prima parlavo dell’emporio della solidarietà. Noi abbiamo inserito una clausola, dove i percettori di reddito devono andare a prestare servizio in questa struttura. È molto più complesso di come si presenta.”

Ma si presentano? Accettano? Vengono?

“Questa fase di accettare e presentarsi deve ancora partire. Prima bisogna fare tutto quel lavoro di preparazione che non è solo il comune, è un lavoro d’ambito che mette insieme anche altri Comuni. Al momento è fermo. Fare le progettualità è diverso con il Reddito di Cittadinanza. Prima avevamo il RIA, quelli erano progetti fatti internamente dal Comune. Noi adesso andiamo bene con i lavori socialmente utili, ma sono strumenti che attiviamo noi. L’eccessiva centralizzazione di fatto sta un po’ bloccando tutta la macchina.”

Sì perchè, abbiamo letto tutti sui giornali, molti insultano gli ispettori o i funzionari dell’INPS dicendo che non li conoscono e di averne bisogno. Molti funzionari hanno accettato di distribuire i redditi a queste persone che poi sono state scoperte dalla Guardia di Finanza o dai Carabinieri. Quindi in qualche modo se il welfare ritornasse in mano ai Comuni non sarebbe sbagliato.

“No, anzi. I comuni sono il primo avamposto. Quando qualcuno ha un problema in linea di massima va dal comune. Noi però abbiamo bisogno degli strumenti, del personale e delle risorse. Una volta che ci hanno dato questo, i Comuni hanno sempre dimostrato di essere in grado di fare la loro parte. Parlavamo prima della pandemia. Quando la pandemia è scoppiata sono rimasti in piedi solo i Comuni. È giusto mettere sul piatto tutti i problemi, ma è giusto anche dire ‘dateci la benzina per correre altrimenti corriamo poco’. ”

Altre buone notizie. Nel comune di Mira c’è però stata una reazione. C’è un mondo produttivo che è ripartito.

“Si infatti siamo tra i pochissimi comuni che non hanno sofferto di questioni drammatiche. Abbiamo delle realtà produttive forti che si sono consolidate, anche in virtù di questo periodo che abbiamo attraversato. Soffre perchè legato al turismo di Venezia tutto il settore turistico. Ma anche le attività che abbiamo fatto come comune, intercettando importanti finanziamenti nazionali, indubbiamente sono qui pronti per partire. Quando tu apri i cantieri fai lavorare la tua città; noi ne abbiamo aperti tanti in questi anni. Da poco abbiamo intercettato altri 2 milioni di euro di finanziamento con il PNRR, vuol dire altri cantieri, altro lavoro” ha concluso Marco Dori.

Indubbiamente. Grazie Marco Dori. Non affronto l’argomento dei morti, il comune di Mira ha avuto parecchi decessi, ha dovuto anche decidere l’ampliamento del cimitero. Quindi davvero un comune che anche dal punto di vista dei numeri è davvero interessante. Speriamo che le cose stiano andando un po’ meglio, anche se gli ospedali stanno iniziando a ritirare le loro funzioni per lasciarle a quelle del covid. Magari ne riparleremo più avanti per capire se Mira ha dato un tributo meno duro di quello che ha dato nei mesi scorsi. Grazie Marco Dori, buon lavoro e buon Natale se non ci colleghiamo.

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