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Moreno Scevola: situazione al Covid Hospital di Dolo

Moreno Scevola, pneumologo e Direttore Medicina interna dell'ospedale Covid di Dolo, racconta la sua esperienza in trincea, e quella della vaccinazione somministratagli ieri.

Il dottor Moreno Scevola direttore di medicina generale del Covid Hospital di Dolo si trova ad affrontare la pandemia da marzo, e anche nel periodo di minor afflusso di malati, ovvero agosto, non ha mai mollato il suo posto.

In questo momento il reparto ha 67 posti letto dedicati a pazienti covid, con una media di 14 ricoveri giornalieri. Le condizioni generali dei pazienti sono in peggioramento, anche a causa di patologie croniche del paziente anziano.

Si sta vivendo una drammatica necessità di attenzione alla situazione clinica del paziente, all’interno degli ospedali, infatti, i pazienti si dividono in due categorie cliniche.

C’è chi entra in reparto e, fortunatamente, guarisce, e chi invece è costretto a percorrere dei percorsi con una maggiore intensità di cura. Questo è dovuto ad un peggioramento della condizioni respiratorie, il polmone è, infatti, l’organo bersaglio del virus.

Il paziente è il primo a non accorgersi del peggioramento in corso, e il passaggio da una situazione all’altra avviene in modo rapido nel giro di poche ore. Per questo c’è la necessità di un monitoraggio stretto e continuo, e per questo l’atteggiamento farmacologico dev’essere d’assalto, impostandolo da subito sulla base delle linee di comportamento della malattia, decise su base internazionale o regionale.

Valutazione e trattamento dei pazienti, la spiegazione di Moreno Scevola

Attraverso un esame molto semplice, ovvero l’emogasanalisi, si ottiene una valutazione di quelli che sono i valori di rischio. In seguito si valuta l’intensità di flusso di ossigeno che dev’essere somministrato, attraverso l’utilizzo di maschere diverse. Da qui si passa a flussi sempre più potenti, fino alla semi-terapia intensiva, o al ricorso alla terapia intensiva.

E’ fondamentale il continuo confronto tra medici per ottenere il migliore approccio, sia tra singoli che tra le varie componenti ospedaliere. Si tratta di una malattia della quale si sa, purtroppo, ancora troppo poco, è quindi d’obbligo per l’ottimizzazione della cura, il confronto e la compattezza del personale medico.

L’intubazione scatta, poi, quando il paziente non è più in grado di ottenere risposte dalla terapia a cui è sottoposto, ovvero un apporto di ossigeno potente, o di una ventilazione non invasiva. Il paziente va in fatica muscolare portando ad un danno multi-organo, non più legato ai solo polmoni. La terapia intensiva è poi una delicata e lunga gestazione, che va avanti giorni, spostando il paziente in pronazione per permettergli di guadagnare spazi respiratori.

Altre tipologie di broncopolmonite, come quella dovuta all’influenza intestinale, non sono aggressive come quella dovuta al virus.

Il Natale quest’anno per chi è direttamente coinvolto

Il Natale di quest’anno non si è vissuto come una festa. “Quando si arriva in reparto-ci riporta Moreno Scevola-ci sono due scenari: da una parte l’infermiere, l’operatore tecnico-medico, e sono quelli a cui è dovuto l’applauso principale, perché stanno davanti alla malattia 24 ore su 24; a loro è dovuto un grazie, perché sono persone esposte e coscienti dell’esposizione a questo rischio. Dall’altro c’è lo scenario del paziente, il quale ha bisogno di sentirsi ascoltato, visitato e di avere delle risposte.”

Ogni ann , a Natale, Moreno Scevola, fa il giro del reparto per salutare, per fare il giro “pastorale” sui pazienti e il colloqui con le persone. Quest’anno si è dovuto recare in ospedale con un certo anticipo, a causa della vestizione, che occupa parecchio tempo.

I pazienti hanno dimostrato il bisogno della parola, dell’ascolto, e di esprimere le proprie necessità. Lontani dagli affetti famigliari, in mezzo a persone solo mascherate, è importante mantenere quel minimo contatto e solidarietà con i pazienti. Per questo si è data la possibilità, tramite tablet, di avere quel piccolo contatto a distanza con la famiglia.

Il vaccino

Non può essere considerato come la salvezza, ma sicuramente come una nuova opportunità, che deve essere presa come un cambiamento di rapporto con questa malattia. Bisogna essere consci che non c’è alcuna certezza sui tempi di produzione e di tenuta degli anticorpi post-vaccinazione. GUARDA ANCHE: Palù: ecco perché Moderna richiede solo 4

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