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Riccato, un consiglio per l’acquisto del pesce

Federico Riccato, rinomato scienziato ambientale, guida con saggezza verso scelte alimentari responsabili, rivelando le chiavi per un consumo di pesce consapevole e sostenibile

Federico Riccato, esperto scienziato ambientale, offre preziosi consigli sostenibili sull’acquisto del pesce di qualità. Incoraggia a sfruttare le informazioni sull’etichettatura, evidenziando l’importanza di conoscere l’origine, il metodo di cattura e altri dettagli cruciali per una scelta consapevole e responsabile.

L’etichettatura, lo strumento di tutela primario secondo Riccato

Riccato: “Il primo consiglio da dare è quello di far valere gli strumenti che sono a nostra disposizione. Nel senso che se uno non ha una forte conoscenza del prodotto ittico, quello che può fare è basarsi sull’etichettatura.”

“L’etichettatura è un obbligo di legge che ormai tutti seguono o tutti dovrebbero seguire. Ma insomma scegliamo da chi andare a comprare anche in funzione della trasparenza.”

Il codice FAO, utile mezzo per comprendere la provenienza

“Nell’etichettatura è riportato il nome comune dell’animale, il nome scientifico, la zona FAO dove è stato pescato. La FAO ha diviso tutto il globo acqueo in varie porzioncine. E in ogni singola pescheria, in ogni singolo punto vendita dovrebbe essere esposto il cartellone riportante il codice per cui è inutile che leggiamo sottoscritto “nostrano”. “Nostrano” non vuol dire niente.”

“Ci sono dei codici molto ben precisi. Il medio e alto Adriatico ha codice 37.1 e 37.2 ed è questo il numeretto che dovete andare a trovare. Praticamente tutto il pesce che viene da Ancora verso nord deve riportare questa etichettatura qui. E poi deve essere riportato il metodo di cattura di questo pesce. Per cui se è allevato o se è catturato. E se è catturato, con che strumenti è stato catturato. E di più, se è stato decongelato o se è stato trattato con conservanti.”

Riccato esplica un modello di allevamento non sostenibile

“Prendiamo l’esempio tipico dell’orata. Abbiamo due possibilità di scelta. La prima, l’estremo della categorizzazione. Per cui un animale che ha fatto 3000 km per venire dagli allevamenti turchi che ha sicuramente mangiato antibiotici, che ha sicuramente mangiato mangime di sintesi.”

Vi ricordo che il mangime di sintesi che si dà adesso ai pesci non è più sfarinato di pesce, come si faceva una volta, per cui bene o male un pesce mangia del pesce. Ma siccome bisogna risparmiare gli si dà lo sfarinato vegetale e materiali proteici di origine vegetale, in particolare soia. Per cui potete immaginare di che cosa sono fatte le carni del pesce che state andando a mangiare.”

“Quindi un pesce allevato in intensivo. Due numeretti tanto per capirci: un allevamento intensivo in gabbia, anche se fatto a mare, può arrivare a 30-40 kg di pesce per metro cubo di acqua. Mettete anche che sia molto più basso, mettete che siano 6 o 7 kg di pesce per metro cubo di acqua, nelle valli arriviamo a fare 200 kg ogni ettaro.”

“Ecco, tanto per dare un’idea i pesci nelle valli fanno fatica a trovarsi. Dentro le gabbie sbattono uno contro l’altro. Quindi, sappiamo che ha fatto 3000 km, sappiamo che è stato trattato con antibiotici, sappiamo che ha mangiato mangimi. Tutto questo dovrebbe essere riportato in etichettatura perchè bene o male io lo posso capire dall’etichetta.”

Il modello sostenibile della vallicoltura

“Dall’altra parte magari era novembre, magari ho un’orata di valle che ha fatto pochissimi chilometri per arrivare sul mio piatto, che non ha subito trattamenti antibiotici, che non ha mangiato mangimi e che davvero ha un’elevata sostenibilità perchè per catturarla non si è neanche utilizzata una barca a motore per andare a prenderla. l’unica cosa che ha visto del motore è il trasporto dalla valle al mercato ittico e poi nei punti vendita.”

GUARDA ANCHE: Riccato, specie ittiche delle valli in pericolo

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