Venezia Cambia

Riccato narra la millenaria tradizione della vallicoltura

La vallicoltura veneziana, antica pratica di gestione ittica, sfrutta il ciclo riproduttivo delle specie ittiche e preserva l'ambiente lagunare attraverso aree protette e regimentate

Federico Riccato è un esperto della vallicoltura. Ha fatto un percorso di studi altamente qualificato e ha una professionalità acclarata anche per quanto riguarda la conoscenza della Laguna di Venezia e del territorio veneziano.

Federico Riccato: “La vallicoltura porta con sé un patrimonio millenario di tradizioni e di gestione dell’ambiente. Ci sono tracce di gestione della pesca di valle dall’XI secolo d.C., per cui è qualcosa di estremamente vecchio. Vecchio ma non sorpassato perché la vallicoltura si fonda sui cicli naturali che le specie ittiche in alto Adriatico compiono dal mare alle lagune.”

Il ciclo riproduttivo delle specie ittiche dell’Alto Adriatico

“Molto brevemente sintetizzo il ciclo riproduttivo di molte delle specie di pesce bianco in Alto Adriatico. Parliamo di spigole, orate e di tutte le cinque specie di cefalo che abbiamo. Si ha una riproduzione marina invernale. La circolazione in alto Adriatico è una circolazione antioraria. Immaginate questi animali che escono in mare, si riproducono, le uova sono planctoniche e a un certo punto, da queste uova, si schiude una piccola larva che viene trasportata dalle correnti che la riportano sotto costa lungo le nostre coste, lungo le nostre valli. Queste piccole larve sono fotofile per cui si spostano negli strati alti della colonna d’acqua e entrano nelle nostre lagune grazie ai flussi di marea.”

La catena trofica e l’importanza della laguna nella vallicoltura

“All’inizio della primavera nell’Adriatico, il mare resta molto freddo perché la colonna d’acqua si è raffreddata rapidamente durante l’inverno, si è mescolata e ha raggiunto una temperatura costante e abbastanza fredda. Le lagune hanno invece uno spessore di colonna d’acqua molto ridotto, per cui con i primi raggi del sole si scaldano più rapidamente.

Questo vuol dire che si innesca molto rapidamente una catena trofica: fitoplancton, zooplancton e il cibo per questi piccoli avannotti che si nutrono alle spese di questa catena trofica innescatasi in laguna. L’uomo ha capito questa cosa un migliaio d’anni fa e ha cominciato a sfruttarla. Sa che entreranno i piccoli pesciolini in laguna, sa che si accresceranno a spesa di quello che c’è in laguna.”

La gestione dei pesci e il ruolo dell’uomo nella vallicoltura

“La vallicoltura, quindi, non è altro che l’evoluzione di un qualcosa che è naturale. Chiudo dei pesci in un posto in laguna, faccio in modo che si nutrano a spese della disponibilità trofica di quell’ambiente, per cui mangiano semplicemente quello che c’è in quella porzione di laguna e si accrescono.

Quando avviene il fenomeno contrario, cioè quando le acque si raffredderanno l’inverno successivo, questi pesci cercheranno di andarsene via. Quelli che sono in taglia riproduttiva, per andare al mare a riprodursi e gli altri semplicemente per scappare via dal freddo. In quel momento vado a pescarli e li gestisco come meglio credo. Quelli di taglia commerciale li mangio, quelli invece che devono fare un altro anno li tengo da parte.”

L’importanza ambientale delle porzioni chiuse di laguna

“Questo meccanismo è importante dal punto di vista ambientale perché nelle lagune dell’Alto Adriatico abbiamo delle porzioni non tanto piccole, parliamo del 15-20% di ogni laguna, che sono chiuse, o meglio regimentate, la loro comunicazione con la laguna aperta è regolata dall’uomo, all’interno delle quali si svolge questo ciclo di accrescimento.

Si svolge anche in laguna libera, ma in una porzione chiusa di laguna dobbiamo immaginare che si tratti sostanzialmente del giardino del re, cioè sono dei parchi chiusi dove la pressione antropica è bassissima perché solo il padrone della valle e i suoi operatori o a limite qualche cacciatore entrano da dentro. Non c’è traffico nautico, non ci sono input di inquinamento puntuali dovuti al diporto, dovuti a sversamenti vari.”

Le aree buffer: parchi naturali nel contesto lagunare

“Tutto il contorno delle nostre lagune più o meno è tappezzato da aree buffer, ovvero delle sorte di parchi all’interno dei quali si lascia andare un ciclo biologico naturale che è vecchio come il nostro mare. Sostanzialmente sono delle aree dove non può andare nessuno, dove in alcuni casi si hanno condizioni pristine. Sono ambienti artificiali, nel senso che vengono mantenuti dall’opera dell’uomo, sono estremamente validi da un punto di vista ecologico.”

GUARDA ANCHE: Riccato, l’innovazione ambientale lagunare

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