La Voce della Città Metropolitana

La storia di Olga Neerman, fuggita dai nazisti

Olga Neerman, dell’Associazione Figli della Shoah, racconta la sua fuga da Venezia per sfuggire ai nazisti

Olga Neerman, membro dell’Associazione Figli della Shoah, è stata ospite degli studi di Televenezia e ha raccontato la propria storia. La signora è un ebrea veneziana di origine belga che è fuggita ai nazisti.

Il racconto di Olga è costellato dall’apparizione di tre angeli, tre persone che sono state fondamentali per la sua salvezza. La sua fuga da Venezia è avvenuta nel ’43. Dal Lido è riuscita ad arrivare all’Altopiano di Asiago, dove ha vissuto fino alle primavera del ’44 in una malga, quella di Bosco Secco.

La vita nella malga

Le condizioni di vita erano piuttosto precarie; in quel luogo dove avevano trovato rifugio si nascondevano altre persone e non vi erano letti, acqua corrente, riscaldamento, elettricità.

La signora Neerman  ha spiegato che in quei mesi difficili non erano molti i pensieri che si affollavano nella sua mente; una sola cosa occupava tutto lo spazio: la necessità di sopravvivere.

La mente era occupata da azioni concrete, che servivano per andare avanti. Si faceva la legna, si costruivano dei giacigli, si scioglieva l’acqua, si cercavano viveri.

Ben presto i soldi della famiglia cominciarono a scarseggiare, nonostante gli sforzi della madre nascosta in una macelleria. Così gli zii che erano nascosti con lei cominciarono a tornare a Venezia, o in altre città, per cercare del denaro.

I sentimenti della fuga

La sensazione, racconta Olga Neerman, era quella di essere continuamente braccati, di dover fuggire; una sensazione che si è portata dietro per tutta la vita. Fin da quando quel primo angelo suonò al loro campanello avvisandoli di scappare perché erano in una lista.

Il padre di Olga non era convinto della fuga. Era una persona onesta, senza debiti, senza problemi con la legge. Fuggire non sembrava l’opzione più naturale. Ma se ne andarono ugualmente, con una brutto senso di colpa sulle spalle, come se fossero dei delinquenti.

Fu la prima volta, nonostante le leggi razziali in vigore, che Olga, allora diciassettenne, si sentì sporca, diversa; si sentì colpevole per essere un’ebrea. Benché la sua famiglia fosse anche non osservante, la discriminazione era su base biologica.

Il razzismo

Il razzismo, ieri come oggi, ha dichiarato la signora Neerman, significa non ragionare. Le razze infatti non esistono; tutti noi siamo uguali. Lo siamo nella gioia, nel dolore, nella nascita e nella morte.

Nonostante le dure esperienze che ha dovuto affrontare Olga non provava e non prova nemmeno oggi, odio o rabbia per gli autori di tutto questo. L’unico pensiero era quello di salvarsi.

Oggi Olga Neerman racconta la sua esperienza nelle scuole ma per molti anni non ha parlato della sua storia. Pensava che fosse poco importante, insignificante, rispetto agli altri orrori di cui il popolo ebreo è stato vittima.

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