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Mose, decreto ingiuntivo e la cassa è vuota

Venezia ha scoperto dopo tante polemiche che il Mese è in grado di difenderla e lo ha fatto in una ventina di occasioni in quattro mesi, dal 3 ottobre scorso, eppure se il Mose ferma il mare la mancanza di soldi fermano lui. E' arrivato il primo decreto ingiuntivo

Il Mose ferma il mare, ma il denaro ferma il Mose. Traballa sempre più la situazione finanziaria del Consorzio Venezia Nuova.

Troppi debiti, nessun soldo

È arrivato un primo decreto ingiuntivo fra i dieci che il liquidatore Massimo Miani è riuscito a fermare. È di un commercialista romano a cui spettano 3 milioni di euro. Una goccia nell’oceano di debiti che il Consorzio ha nei confronti dei consorziati (44 milioni), dei collaudatori, delle imprese che hanno vinto gli appalti e dello Stato, il creditore principale.

Il provveditorato alle opere pubbliche è il committente del Mose: si parla di 145 milioni di euro, 117 dei quali riguardano anticipi per lavori malfatti o carenze progettuali. Avanzano 15 milioni dovuti al fisco, 6 alla corte dei conti, e 45 agli altri. Il Consorzio ha bisogno di essere rifinanziato: il decreto ingiuntivo del professionista romano è servito a mostrare che CVN non ha soldi.

Il Mose funziona, Venezia l’ha scoperto, ma sarebbe drammatico se non si potesse più alzare. Il pericolo dell’acqua alta, soprattutto in un contesto di cambiamento climatico, è sempre in agguato e può ripresentarsi tanto violenta quanto in passato.

La richiesta del sindaco Brugnaro

Luigi Brugnaro, da Lisbona, ha preparato il terreno chiedendo le risorse mancanti. “È necessario che il governo italiano e la Commissione europea. È tempo di passare dalle promesse ai fatti. Servono i fondi per concludere il Mose e la riqualificazione di tutta la laguna di Venezia”. GUARDA ANCHE: Mose: quale il futuro per le imprese del Consorzio? Parla Sara Moretto

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