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Lando Arbizzani, dalla tuta blu alla camicia

Lando Arbizzani ha iniziato come apprendista nel '54, passando da operaio a capo officina. Cresciuto con l'evolversi delle tecnologie, ha gestito progetti complessi

La vita professionale di Lando Arbizzani parte nel ’54 come apprendista, poi è diventato operaio generico, poi si è messo a studiare così da poter diventare operaio qualificato e poi specializzato. Nel ’69 la sua carriera inizia in una nuova veste: ha dismesso la tuta blu per indossare la camicia. Con l’avanzare delle nuove tecnologie, subentra una nuova impostazione lavorativa, si parla di pianificazione e si introducono concetti come quello della formazione.

L’evoluzione con l’avanzare delle tecnologie

“All’inizio, a parte che ero un capo officina, avevo circa 25 persone e a volte una quindicina dell’impresa. Per qualche anno rimango in quella funzione. Poi nel ’75 vengo inviato alla scuola aziendale dove due compagnie americane tenevano un corso di Analisi, Tempi e Metodi.

Lo scopo di questo era di creare un ufficio per la pianificazione del lavoro e contemporaneamente di avere un risultato scientifico che andasse oltre all’appalto generico delle operazioni da fare perchè lì con questo sistema si valorizzava ogni singolo intervento. Poi è stato fatto un grande capitolato dei lavori in appalto, che quindi venivano pagati in funzione di quello che erano. Questo a seguito delle analisi che avevamo fatto noi di questo servizio.”

Lando Arbizzani: da capo officina ad assistente lavori d’impresa

“Dopo qualche anno, vengo inviato a fare l’assistente contrario ai lavori d’impresa e mi viene affidata tutta l’area del petrolchimico nuovo: dal parco serbatoi fino al cracking. Prima in bicicletta, poi con un motorino giravo a vedere tutti i vari punti di lavoro delle imprese e seguivo l’esecuzione di questi lavori. Dopo qualche anno, vengo nominato primo assistente del mio mestiere. Vado in officina centrale con il ruolo di vice capo dell’officina. Lì c’erano quasi 500 persone.

Il capo officina era stato prestato a delle aziende fuori della Sicedison, Montedison allora, per l’esecuzione di lavori delle grandi tangenziali. Quindi lui era fuori e io ho avuto per un paio d’anni questa responsabilità totale. Poi sono stato inserito nella pianificazione come capo mestiere, gestendo tutti i lavori di appalto, la programmazione, la valorizzazione, l’organizzazione dei lavori e anche appalti minori. Avevo questa responsabilità.”

La sfida dell’imprenditorialità e la terziarizzazione

“Dopo qualche anno mi chiamano in via Rosellini a Milano. Il capo del personale di tutta la Montedison mi dice che mi sarei dovuto licenziare. Pensavo di aver fatto qualcosa che non andasse bene. Mi disse che avevano un progetto di terziarizzazione. Io, essendo uno specialista, mi sarei dovuto licenziare e avrei dovuto portare via un po’ di operai per poi tornare dentro da imprenditore, col patto che avrei avuto lavoro fino a quando maturavo l’età della pensione. Mi mancavano 4/5 anni.

Io ho accettato questa sfida e l’ho fatto. Tutto è andato bene tranne dopo la fine dell’era Gardini quando è arrivata l’Eni che ha introdotto nei lavori in appalto tutte le imprese del suo ambito. Io ho dovuto cedere operai, contratto, attrezzature a un’altra ditta.”

GUARDA ANCHE: Lando Arbizzani: lo stipendio preso da operaio

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