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Il Don Giovanni di Michieletto a La Fenice

Damiano Micheletto, regista audace e innovativo, conferisce immortalità alle sue opere. Il suo "Don Giovanni" alla Fenice affascina con suggestivi labirinti mentali

La vera consacrazione per un regista non consiste nel fare tante regie, quanto invece che durino nel tempo. Ed è quanto sta accadendo con Damiano Micheletto, innovativo eccentrico e a volte scandaloso, ma in realtà così convincente da diventare a suo modo un classico.

La consacrazione di Damiano Micheletto

È il caso del riuscitissimo Don Giovanni di Mozart che in questo allestimento vinse un premio Abbiati nel 2011 e che torna ancora una volta sul palco del Teatro La Fenice di Venezia, dove vide la luce nel 2010. La regia di questa produzione è ripresa da Eleonora Gravagnola, con Robert Treviglio alla guida dell’orchestra e coro del Teatro La Fenice.

Ma anche con un doppio cast, in cui spiccano i nomi di Francesca Dotto e Carmela Remigio nei panni di Donna Elvira. E poi Alex Esposito e Roberto De Candia in quelli di Leporello ,mentre il ruolo di Don Giovanni è affidato a Marcus Erba e Alessio Arduini.

L’Innovativo allestimento del “Don Giovanni”

Micheletto ambienta l’azione in un labirintico palazzo in decadenza ruotante su se stesso. Davvero uno straordinario impianto scenico che ben rappresenta la trappola nel quale il protagonista resta rinchiuso, prigioniero delle nevrosi e schiavo del proprio appetito sessuale.

Votato all’autodistruzione, Don Giovanni è portatore di una vitalità malata che finisce per travolgere tutti gli altri. Leporello è complessato e balbuziente, Don Ottavio e psicologicamente bloccato, mentre le donne, sempre sull’orlo di una crisi di nervi, sono afflitte da eterna insicurezza.

Micheletto elimina il soprannaturale: tutto avviene nell’inconscio di Don Giovanni che finirà per uccidere a bastonate il commendatore e che lascerà in uno stato di smarrimento tutti gli altri personaggi, in una visione della vita quanto mai cupa e angosciante.

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