La progettazione del diagramma chiave e degli ambiti
Piero Pedrocco: “Forma e sostanza è il motto. Quindi, arrivare anche alla scala al 100 con i ragazzi è fondamentale. Il laboratorio è composto da urbanistica, composizione architettonica e idraulica. Morirà quest’anno perché io andrò in pensione e hanno già deciso di smantellarlo e cambiare.”
“Noi prendiamo gli studenti, martedì devo entrare in aula, trovo i nuovi studenti che sono organizzati in gruppi e catturo questi gruppi. La prima cosa che sviluppiamo con l’intero corso è un diagramma chiave. Noi sviluppiamo il diagramma chiave, per esempio quello di Udine Sud. Il diagramma chiave di Udine Sud è molto meno di un piano di assetto del territorio o di un piano strutturale, nelle altre regioni. Nel Veneto si chiama piano di assetto del territorio.”
“Su questo vedete che ci sono dei numeri, quelli sono gli ambiti divisi da strade o divisi da situazioni omogenee e dividiamo in ambiti questo diagramma. Le funzioni della base economica, o le funzioni fondamentali del quartiere, le tracciamo all’interno di questi ambiti e dobbiamo sviluppare queste prerogative. Fatto ciò tiriamo a sorte tra gli studenti. Ci sono degli studenti disperati, si vedono delle scene di disperazione perché ti capita.”
Sviluppo e interazione degli ambiti in scala 1 a 1000
“Dopodiché si apre un breve mercato degli ambiti e se la vedono loro. Fatto questo passiamo a realizzare in scala 1 a 1000 i vari interventi. Cioè abbiamo dei disegni dei quartierini, degli ambiti. Lo sviluppo di questi ambiti in scala 1 a 1000 è fondamentale per la formazione dello studente perché il gruppo si chiude in se stesso, ma mica poi tanto perché la città è di tutti.”
“E allora questo ambito deve relazionarsi con quello che sta al di là del Canal Grande di Waterfront Marghera, al di là del Canale Vittorio Emanuele. Deve relazionarsi con tutti gli altri ambiti del quartiere che andiamo a sviluppare. E nel farlo devono dialogare i vari gruppi di studenti tra loro. Sono costretti a dialogare perché non sono soli nel mondo, che fanno il loro progetto come un archi star.”
Dialogo e collaborazione tra gli studenti nella fase di progettazione
“Alla fine, uniscono tutti gli ambiti e ne esce il quartiere complessivo. E si arriva a un planivolumetrico, a un plastico. Quindi ciascuno studente prende poi un elemento del suo ambito e lo sviluppa. Perché così da un’immagine, anche concettuale della cultura architettonica che vuole all’interno. Certo che sono elementi che ricorrono al volume per evitare la distanza degli edifici.”
“Quindi, per tornare alla città rinascimentale, stretta e con i parchi forniti di tutti gli elementi, tetti verdi, parchi, raccolta delle acque, tutta l’idraulica. Si arriva al planivolumetrico, il Waterfront Marghera per esempio, al planivolumetrico dell’intero nuovo quartiere formato.”
Il planivolumetrico e lo sviluppo del quartiere
“Questo planivolumetrico serve ad andare in deroga alle distanze della legge senza perdere di vista un aspetto fondamentale, che è quello della legislazione vigente, che noi rispettiamo in tutto. Tant’è che arrivati a questo livello, avendo formato il quartier,e facciamo un’operazione da Mandala tibetano: la cancellazione del tutto, salvo quello che hanno sviluppato nelle scale piccole.”
“E da questo arriviamo al piano. Cioè, il piano rimette in discussione l’intero quartiere e dove ci sono degli edifici esistenti lì si lavora sull’esistente e si continua. Ma, tutto il resto viene dimesso in discussione con una nuova pianificazione”
“A Sant’Erasmo la Spritzeria, una piazza circondata da quattro canali, con la fermata in tetto verde della metropolitana che arriva sotto quel tram che arriva anche a Sant’Erasmo arriva sotto, immaginavamo. Ma, insomma, l’immaginazione degli studenti è infinita su questo.”
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