In legno, in avorio, osso, cuoio o pergamena. Prima a scopo militare poi per osservare il cielo e scoprire informazioni che hanno rivoluzionato la storia dell’universo. Sono i cannocchiali, quegli strumenti che seguirono la scoperta degli occhiali, la cui paternità spetta a Venezia. E che in città venivano costruiti ed esportati con grande successo.
È il 21 agosto del 1609 quando Galileo Galilei sceglie il “paron de casa”, il campanile di San Marco, per presentare la sua ultima sensazionale scoperta: il “cannon” come lo chiamavano i veneziani. Galileo sale sul campanile insieme alle più alte cariche della Repubblica Serenissima e davanti a Leonardo Donà, 90esimo doge di Venezia, mostra le potenzialità di quello strumento che, come lui stesso scriveva nella lettera di presentazione al doge, avrebbe potuto aiutare la Serenissima a vincere sul nemico.
La presentazione di Galileo dei suoi cannocchiali
“Potendosi in mare in assai maggior lontananza del consueto scoprire legni et vele dell’inimico. Sì che per due hore et più di tempo possiamo prima scoprir lui che egli scuopra noi. Et distinguendo il numero et la qualità de i vasselli, giudicare le sue forze, per allestirsi alla caccia, al combattimento o alla fuga; et parimente potendosi in terra scoprire dentro alle piazze, alloggiamenti et ripari dell’inimico da qualche eminenza benché lontana. O pure anco nella campagna aperta vedere et particolarmente distinguere, con nostro grandissimo vantaggio, ogni suo moto et preparamento; oltre a molte altre utilità, chiaramente note ad ogni persona giudiziosa”. Un evento, questo, ricordato anche con una targa commemorativa sul campanile.
Svelata il 7 giugno del 2009 in occasione dei 400 anni dalle prime osservazioni astronomiche. “Galileo Galilei con il suo cannocchiale da qui il 21 agosto 1609 allargava gli orizzonti dell’uomo nel quarto centenario”.
Ed è così che le vetrerie di Murano si misero subito al lavoro per costruire uno strumento che divenne poi una moda in tutto il mondo.
L’ottico Roberto Vascellari ci parla dei cannocchiali
Spiega Roberto Vascellari, ottico veneziano nonché collezionista e presidente del comitato scientifico del Museo dell’Occhiale di Pieve di Cadore. “Le lenti erano prodotte in cristallo di rocca. E lo stesso Galileo fino al 1620 acquistò lenti da Murano le lenti venivano prodotte nelle vetrerie ma poi lavorate dagli ottici.
Certo è che la combinazione tra una lente negativa e una positiva porterà Galileo a migliorare quello che sembra essere un primo cannocchiale arrivato dall’Olanda; perché la qualità visiva introdotta da Galileo è nettamente superiore rispetto agli altri”.
La qualità veneta
Tanto è che in Olanda arriveranno a dichiarare che i cannocchiali veneziani, soprattutto quelli di un certo Bacci, sono nettamente superiori a qualsiasi altro cannocchiale si possa trovare in giro. E infatti, anche quando poi lo scienziato padovano si sposterà a Firenze alla corte dei Medici e tenterà di far produrre le lenti a un vetraio fiorentino con scarso successo. Per anni sarà costretto a rivolgersi ancora ai vetrai muranesi la cui maestria era insuperabile.
Festeggiando i 1600 anni di Venezia
Nel suo laboratorio, a pochi passi dal ponte di Rialto, per i 1600 anni dalla fondazione di Venezia, Vascellari ha allestito una vetrina dedicata alla produzione dei cannocchiali del 1600 e 1700. Realizzati a Venezia dopo la scoperta di Galileo. “Sono tutti prevalentemente in cartapesta e hanno anelli ferma tiranti o anelli che sorreggono la lente obiettiva realizzati in legno, avorio, corno, argento o ottone. Sono cannocchiali per la visione a lunga distanza con la costruzione tipica di Galileo. Il quale aveva messo insieme una lente positiva e una negativa e quindi manteneva l’immagine ingrandita però a vista raddrizzata.
Secondariamente, Keplero costruisce un cannocchiale con due lenti positive che riescono a dare un maggiore ingrandimento per l’astronomia ma rovesciano sottosopra l’immagine. Ci sono anche dei sistemi raddrizzatori per aumentarne la potenza rispetto a quello che era il cannocchiale di Galileo ma il concetto iniziale era di una lente positiva e negativa”.
In mostra anche dei piccoli cannocchiali, piccoli oggetti in osso e cartapesta, in lacca veneziana con inserzioni in oro, che venivano utilizzati dalle dame a teatro per osservare meglio gli attori o “spiare” qualcuno tra il pubblico.