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Adria, il Museo si arricchisce di ulteriori reperti

A conclusione di indagini dirette dalla Procura della Repubblica di Trieste, i carabinieri TPC consegnano al Museo di Adria quattordici pregiati reperti archeologici

Dopo accurate indagini condotte dalla Procura della Repubblica di Trieste, i Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale hanno consegnato al Museo di Adria quattordici preziosi reperti archeologici.

La consegna dei reperti al Museo Archeologico di Adria

Nella mattina odierna, 25 gennaio 2024, presso il Museo Archeologico Nazionale di Adria (RO), il Comandante del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Venezia, Magg. Emanuele Meleleo, ha consegnato alla direttrice del museo, Alberta Facchi, 14 pregiate ceramiche archeologiche.

L’evento si è svolto alla presenza del Prefetto di Rovigo Clemente di Nunzio, del Sindaco di Adria Massimo Burbujani, del Direttore Regionale Musei del Veneto Daniele Ferrara, del Comandante Provinciale Carabinieri di Rovigo Col. Edoardo Campora, di funzionari del MiC e scolaresche del circondario.

Alcuni reperti ceramici funerari del nucleo etrusco ora ad Adria

I reperti ceramici, riferibili a corredi funerari, hanno una datazione che va dal VII al IV sec. a.C. Il nucleo più vasto appartiene alla produzione etrusca, i restanti sono di produzione apula, daunia e messapica.

Vi è, ad esempio, un pregiatissimo calice a cariatidi in bucchero. I primi esemplari compaiono a Caere attorno al 630 a.C., probabilmente influenzati da modelli orientali per poi diffondersi in tutta l’Etruria meridionale, con segnalazioni anche nel Lazio e in Campania meridionale, e sporadiche presenze nell’Etruria interna, a Orvieto. Verosimilmente può essere identificato come vaso da illuminazione e/o brucia-profumi. Non è stato ipotizzato un utilizzo come vaso potorio.

Una bellissima anfora in bucchero è rappresentativa della cosiddetta Bandhenkelamphora ad anse piatte, prodotta con continuità tra gli inizi del VII e la fine del VI secolo a.C. La diffusione di queste anfore si concentra principalmente in Etruria meridionale, nell’agro falisco, in Lazio e Campania. La decorazione presente sul ventre si caratterizza per la presenza di un registro centrale con decoro inciso. Esso figura un felino, un cervo e un capro gradienti verso sinistra. Tutti raffigurati secondo schemi iconografici tipici dell’arte etrusca tra la fine del VII e gli inizi del VI secolo a.C.

Le indagini del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale

Le indagini avviate dalla Procura della Repubblica di Trieste, su segnalazione di uno studioso veneziano, risalgono a settembre 2021 e sono state condotte dal Nucleo Tutela Patrimonio Culturale dei Carabinieri di Venezia. L’iniziativa è scaturita quando alcuni beni di interesse storico sono stati individuati in vendita presso un’attività commerciale nel territorio triestino. Le operazioni di perquisizione e sequestro hanno interessato le province di Trieste e Bolzano.

Le cooperazioni istituzionali e professionali

Nel corso delle indagini, i militari del Nucleo CC TPC di Venezia hanno collaborato strettamente con gli archeologi della Soprintendenza ABAP per il Comune di Venezia e Laguna. Gli esami tecnici e storico-artistici condotti durante l’inchiesta hanno conclusivamente accertato l’origine italiana dei reperti, confermando il loro legame con contesti archeologici del nostro paese.

In particolare, gli accertamenti condotti dai Carabinieri TPC di Venezia hanno permesso di appurare che i reperti archeologici in questione, oggetto di varie alienazioni che hanno interessato anche l’estero, non erano all’origine
accompagnati dalla necessaria documentazione attestante la legittima proprietà.

La normativa e i procedimenti legali

La normativa vigente, infatti, prevede sui beni archeologici provenienti certamente o presumibilmente dal territorio italiano una presunzione di appartenenza allo Stato.

Il privato che intenda rivendicare la proprietà di reperti archeologici è tenuto a fornire la prova che gli stessi gli siano stati assegnati dallo Stato in premio per ritrovamento fortuito. Oppure che gli siano stati ceduti sempre dallo Stato a titolo d’indennizzo, per l’occupazione d’immobili. O, ancora, che ne dimostri il possesso in data anteriore all’entrata in vigore della Legge n. 364 del 20 giugno 1909.

Oltre al recupero dei beni descritti, le indagini hanno portato alla denuncia di persone per ricettazione di beni culturali.

L’impegno del Nucleo TPC nella tutela del patrimonio

Il Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Venezia si impegna attivamente nella ricerca e nel recupero di reperti archeologici. Questi costituiscono parte integrante del patrimonio culturale nazionale. Questa iniziativa si sviluppa attraverso un costante monitoraggio degli esercizi commerciali specializzati, supportato dalla raccolta di segnalazioni da parte di studiosi e appassionati. La collaborazione con gli uffici centrali e periferici del MiC gioca un ruolo fondamentale in questo processo.

Il ritorno di questi beni al patrimonio pubblico rappresenta un atto significativo, in quanto consente di restituire alla collettività testimonianze materiali di grande valore storico e culturale. Si tratta di oggetti che raccontano la storia di territori e comunità, contribuendo così alla fruizione collettiva e alla preservazione della memoria culturale.

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