FIMMG: Le case di comunità non sostituiscono il medico di base

La Regione Veneto sta scommettendo sulle case di comunità per ridurre l'afflusso agli ospedali, ma sorgono preoccupazioni sul loro utilizzo e impatto nell'assistenza sanitaria territoriale

La Regione Veneto scommette sulle case di comunità per alleggerire gli ospedali, ma ci sono tante perplessità sul loro futuro. Sono stati trovati tre medici di base, data la difficoltà di reclutare personale.

La scommessa delle case di comunità: alleggerire gli ospedali

In questi giorni, le dodici Direzioni Generali delle aziende sanitarie venete hanno visto riconfermare i loro vertici con qualche spostamento. Ora i direttori sono chiamati a seguire i progetti già avviati.

Manuela Lanzarin, Assessore regionale veneta alla Sanità: “Questi direttori generali sono quelli che hanno programmato e pianificato le 99 case di comunità, i 30 ospedali di comunità e le 49 COT. Quindi sono già con le mani in pasta.”

Perplessità sul futuro

Sono in molti a temere che le case di comunità potrebbero rimanere dei contenitori vuoti.

Maurizio Scassola, Segretario regionale veneto Fimmg (federazione italiana medici di medicina generale): “Le case della comunità sono un’opportunità per il Paese e per il Veneto. Sono un’opportunità per la riorganizzazione dell’assistenza territoriale e per l’integrazione di quella che è l’attuale organizzazione dello studio del medico di medicina generale con la diagnostica di primo e di secondo livello.”

“La Fimmg non ha mai posto pregiudizi sulle case della comunità. La nostra riflessione molto banale nasce dall’esigenza di riempire le case della comunità di contenuti, una volta volta che è stata fatta un’attività riorganizzativa dell’assistenza territoriale nella sua globalità.”

Le preoccupazioni dei medici di famiglia e la riorganizzazione dell’assistenza

I medici di famiglia sono in stato di agitazione da quando al tavolo delle trattative si sono visti offrire sette ore di assistenza infermieristica alla settimana, quando ne avevano chieste almeno quattordici. Non ritengono sia una soluzione svuotare il territorio della loro presenza capillare inserendoli nelle case di comunità.

Anche perchè i pazienti dovrebbero coprire distanze molto più lunghe per ottenere una visita medica. Infatti, sarebbe un grave disservizio se si pensa che la popolazione anziana sta aumentando.

Maurizio Scassola: “Non è più possibile oggi che il 40% dei medici di famiglia lavori da solo senza il sostegno del personale. Quello che noi vogliamo è andare incontro ai bisogni della popolazione, organizzare gli studi dei medici di famiglia, cercare di creare una standard nella medicina di gruppo salvaguardando gli studi periferici.”

“Perchè la popolazione è una popolazione dispersa che ha bisogno di queste strutture. La domanda è: insieme cerchiamo di capire quali sono i bisogni che devono essere ascoltati e assolti all’interno delle case di comunità.”

GUARDA ANCHE: Maltempo: è ancora allerta rossa in Veneto

Exit mobile version