Mazzaro, 25 aprile: vincitori e vinti

In occasione dell'anniversario della liberazione d'Italia, il giornalista Renzo Mazzaro racconta la tragica storia di Enrico Zanella, vittima del fascismo, e condivide un aneddoto familiare legato alla Resistenza

In occasione del 25 aprile, anniversario della liberazione d’Italia, Renzo Mazzaro ci racconta di alcune figure morte durante il periodo del fascismo, aggiungendo, poi, un aneddoto personale.

La tragica fine di Enrico Zanella

Le parole del giornalista: “Sto facendo una ricerca su come è cambiata la periferia di Padova negli ultimi 50 anni, prendendo come punto di osservazione il comune di Vigonza. In centro a Vigonza c’è il borgo rurale: un complesso edilizio costruito nel 1936 dall’architetto Quirino De Giorgio. Era stato edificato per ospitare i contadini che lasciavano i casoni: costruzioni malsane, con un tetto di paglia, muri senza fondamenta e pavimenti in terra battuta. Le persone, lì dentro, vivevano in condizioni pietose. Il fascismo vuole cancellare i casoni.”

“Il borgo rurale di Vigonza è dedicato ai fratelli Grinzato che erano morti nel 1921 in scontri con i socialisti. Il 21 e il 22 sono stati anni di tumulti in tutta Italia e il fascismo considerava questi due fratelli martiri dell’idea. Invece, la piazza porta il nome di Zanella, che non è l’abate Giacomo Zanella della poesia “Sopra una conchiglia fossile”, bensì Enrico Zanella, un uomo che abitava a Vigonza, che non voleva iscriversi al partito Nazionale fascista e che subiva delle angherie continue. Egli non voleva dare il contributo volontario alla causa ma glielo fanno dare lo stesso. Una notte, lo vanno a prendere a casa con una scusa di interrogarlo in questura a Padova, lo uccidono e buttano il corpo in un fosso.”

Un aneddoto personale sul 25 aprile

Continua: “Parlando di queste cose, in occasione del 25 Aprile, con degli amici, mi sono ricordato che pure nella mia famiglia ci sono precedenti di questo genere. Da parte di madre, un mio lontano zio era stato una figura importante durante il fascismo e, alla fine della guerra, pensa bene di cambiare aria. Un po’ come fa anche l’architetto Quirino De Giorgio che, dopo la guerra, firma con nomi diversi e tiene profilo basso per sicurezza.”

“Da parte di padre, invece, mia nonna aveva un nipote che era uno dei capi della Resistenza locale, tant’è che guida un’azione in cui i partigiani fanno saltare un ponte sul Brenta che, invece, gli alleati non riuscivano a far cadere con le bombe dagli aerei. Poi qualcuno lo tradì, i fascisti lo arrestarono e lo portarono nei dintorni di Rimini, dove doveva esserci uno scambio con soldati prigionieri tedeschi presi dai partigiani. Lo scambio non ci fu e lui venne fucilato, il corpo non si trovò mai. Dico questo come contributo personale al 25 aprile.”

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