Coronavirus, aggiornamento 27 marzo: calano i morti

Ci sono buone notizie per chi guarda il bicchiere mezzo pieno. I contagi aumentano o meglio con i tamponi sono stati individuati più asintomatici e sono calati i decessi. Nel veneziano però è stato ricoverato un adolescente

Continuano a crescere i contagi da coronavirus nel Veneto, questo perché si fanno più tamponi e si scovano gli asintomatici che altrimenti rimarrebbero sconosciuti. Da ieri ce ne sono 295 in più in isolamento, dunque i contagiati salgono a quasi 17500. Dalle 21 di ieri nella regione ci sono stati solo, si fa per dire, cinque decessi tutti nel veronese, «Clauster – ha ripetuto oggi Zaia – che preoccupa».

Nel veneziano i ricoveri sono in calo, ma tre degli infettati hanno meno di un anno e altri 15 sono adolescenti e uno di loro è stato ricoverato. La giornata più nera della settimana comunque è stata il 25 marzo con 8 morti e ora il totale dei decessi è di 313.

Coronavirus

In Veneto la cura contro il coronavirus sta mettendo a segno alcuni punti rispetto alla Lombardia, perché vengono effettuati meno ricoveri e più tamponi. A dirlo è il virologo Giorgio Palù che parte dai dati: «In regione i decessi sono il 3,5 per cento contro il 15 della Lombardia. A Lodi, Bergamo, Brescia e Milano troppi negli ospedali»

Pandemia nel Veneto

La nostra regione sa reggere la pandemia Covid 19 decisamente meglio di Lombardia, Emilia e Piemonte. I motivi, li ha spiegati in queste ore il virologo Giorgio Palù, sono il grande numero di tamponi eseguiti, per cui il Veneto ha il primato nel mondo dopo la Corea, e una struttura medica di base che ha consentito di non ricoverare i pazienti in ospedale. Infatti, nella regione, c’è un sistema di medici di famiglia che ha lavorato in contatto telefonico, a distanza, creando un filtro e, in questo modo, hanno salvato gli ospedali. In Lombardia, invece, i nosocomi sono dei lazzaretti perché la regione ha smantellato i presidi territoriali quando ha smarrito la cultura della medicina di base. In fine il Veneto ha più o meno gli stessi posti nelle rianimazioni della Lombardia dove, però, vivono il doppio di abitanti. Arrivato a questo punto Luca Zaia ha dichiarato di essere pronto, ora, ad affrontare il picco, ma avverte che chi finisce intubato potrebbe non farcela.

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