Saverio Barbaro tra angoscia esistenziale e denuncia sociale
Barbaro, noto per la sua pittura intensa e drammatica degli anni Sessanta, utilizza colori carichi e tonalità torbide per dare voce alle angosce esistenziali e alle ingiustizie sociali. Le sue tele parlano di sofferenza e di una realtà spesso soffocata da catene simboliche e ferite profonde, come emerge dai suoi riferimenti ai grandi maestri del passato, in particolare a Goya.
La mostra, aperta fino a gennaio, esplora proprio queste connessioni emotive e artistiche, mettendo in luce una pittura capace di scavare nell’animo umano e di denunciare le oppressioni.
Secondo il curatore Marco Dolfin, l’opera di Barbaro si colloca in un contesto di forte impegno sociale, dove la condizione umana diventa il fulcro delle sue riflessioni. Questo approccio emerge chiaramente nei cicli pittorici dedicati al tema della violenza, della guerra e delle disuguaglianze, che l’artista ha sviluppato durante tutta la sua carriera.
Il percorso artistico
La mostra include anche importanti tappe del suo percorso, come il viaggio in Nord Africa e in Medio Oriente, esperienze che hanno influenzato profondamente il suo linguaggio artistico.
Di particolare rilevanza è l’opera “Primavera Asolana”, con cui Barbaro esordì nel 1948, dando avvio alla sua carriera. Questa retrospettiva si propone quindi non solo di celebrare l’artista, ma anche di far riflettere il pubblico sull’attualità dei temi affrontati nelle sue opere.
Un momento cruciale dell’esposizione è rappresentato dall’iniziativa che vede Roberto Bertuzzi, erede della Fondazione Barbaro, impegnato a sostenere il progetto di un archivio che raccolga e valorizzi l’opera completa dell’artista, garantendone la memoria e la diffusione.
GUARDA ANCHE: I patchwork del “Sussurro della Terra” a Treviso