Legge di Bilancio 2024: il capitolo pensioni e transizione al modello contributivo
Recentemente, il Governo ha approvato la Legge di Bilancio per il 2024, suscitando un certo grado di delusione soprattutto riguardo al capitolo pensioni. Le speranze di mitigare la riforma Fornero e modificare i parametri pensionistici precedenti non si sono realizzate. La famigerata quota 103, che richiede un totale di 103 anni di età e contributi lavorativi per la pensione anticipata, rimane immutata. Questo significa che per accedere a tale pensione è necessario raggiungere l’età di 62 anni e aver accumulato almeno 41 anni di servizio lavorativo. Anche i requisiti per la pensione di anzianità rimangono invariati, con un’età minima di 67 anni e almeno 21 anni di contributi.
Tuttavia, sono state apportate modifiche ai tagli delle pensioni se così possiamo definirli. Le pensioni massime ora saranno poco più di 2.270 euro, che sono quattro volte l’assegno minimo erogato come pensione minima. In passato, il limite era fissato a oltre 2.800 euro, corrispondenti a cinque volte l’assegno minimo.
Infine, una modifica significativa riguarda il sistema pensionistico stesso. Si è deciso di passare da un modello misto contributivo-retributivo a uno puramente contributivo.
Lorenzo: i vantaggi del modello contributivo
Il primo ospite è Lorenzo un commerciale Area Manager. Secondo la sua opinione è stato compiuto un passo in avanti con il passaggio dal modello retributivo a quello contributivo, poiché questo sistema comporta un danno inferiore per lo Stato. Con il modello retributivo, che prevedeva una pensione calcolata sull’ultimo stipendio, c’era il rischio di una corsa verso posizioni lavorative più elevate al fine di massimizzare la pensione.
L’ospite critica anche l’allocazione delle risorse statali, citando il Reddito di Cittadinanza come un esempio di contribuzione errata che ha richiesto un investimento considerevole da parte dello Stato. Inoltre, sottolinea che chi va in pensione e intraprende altre attività non dovrebbe continuare a ricevere la pensione, al fine di evitare abusi del sistema. Infine, l’ospite ipotizza che la difficoltà nel garantire un ritorno pensionistico per il futuro possa essere dovuta in parte anche all’evasione fiscale.
Alberto: la grave situazione di deficit dell’INPS
Alberto, tributarista, ha sottolineato l’importanza di liberarci dalle visioni di quelli che sono i luoghi comuni e i sentiti dire che leggiamo dalla stampa, la quale non sempre gode della completa libertà di espressione. Ha evidenziato che la mal gestione dell’INPS fino ad oggi ha causato e continuerà a causare notevoli danni. Il problema del sistema retributivo riguardava il fatto che il livello di pensione veniva alzato ai livelli massimi negli ultimi anni. I contributi versati però erano insufficienti ed è per questo che si è generato un buco finanziario.
L’INPS si trova attualmente e per i prossimi anni in una situazione di grave deficit, che richiede interventi finanziari considerevoli da parte dello Stato. L’abbassamento dei servizi offerti è una conseguenza del fatto che lo Stato deve versare continuamente denaro per poter pagare le pensioni. L’Italia si trova nel periodo del Baby Boom, con un alto numero di persone che presto andranno in pensione. Il sistema attuale, che allunga il tempo per andare in pensione non sta ottenendo i risultati sperati. Ha sottolineato che il problema persiste fino a quando non verrà adottata una soluzione efficace.
Il problema risiede nel fatto che i lavoratori devono generare reddito su cui vengono calcolati i contributi. Gli apprendisti e coloro che guadagnano meno di 15.000 euro non versano contributi, creando una base contributiva pari a zero. Di conseguenza, quando l’INPS riscuote contributi, non accumula riserve sufficienti perché una parte significativa dei lavoratori non contribuisce. È fondamentale quindi risanare questa situazione: l’INPS deve generare entrate che non siano solo destinate al pagamento dei debiti.
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