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‘Ndrangheta in Veneto, scoperto un presunto clan mafioso

Le indagini del Ros hanno portato ad individuare una famiglia di origini calabresi che avrebbe legami con la ‘ndrangheta

I Carabinieri del Ros hanno disarticolato quello che definiscono un clan mafioso, collegato con la ‘ndrangheta. Sette arresti tra cui un imprenditore di Quarto d’Altino attivo nel settore della nautica.

Per la prima volta in Veneto la magistratura parla di gruppi criminali di connotazione mafiosa operanti nella regione. Finora si sapeva che nella regione la criminalità organizzata campana entrava per prestare denaro a strozzo ad imprenditori in difficoltà e poi liquidava l’azienda una volta rilevata.

L’indagine del Ros di Padova avrebbe alzato un velo su estorsioni, incendi, minacce e tentate frodi processuali. L’operazione ha consentito di evidenziare, per la prima volta da un punto di vista giudiziario, la presenza in Veneto, di un gruppo criminale di origine calabrese, legato da vincoli familiari, radicatosi in questa regione, che avrebbe compiuto gravi reati agendo con le modalità tipicamente mafioso.

Tra gli arrestati infatti ci sono tre fratelli della famiglia Multari, trasferitasi nel veronese da oltre 30 anni ritenuta dagli investigatori legata alla cosca della ‘ndrina Grande Aracri di Cutro e composta dai fratelli Carmine, Fortunato, Domenico e dai figli di quest’ultimo, Antonio e Alberto.

Al contempo, secondo gli accertamenti del Ros, imprenditori e comuni cittadini si rivolgevano a loro per ogni tipo di problematica economica o privata. Altri particolari emergeranno dalle 20 perquisizioni scattate stamani assieme agli arresti a Venezia, Verona, Vicenza, Treviso, Ancona, Genova e Crotone.

I due tronconi del caso

Sono due i principali tronconi d’indagine, avviati nel 2017 dalla Procura distrettuale antimafia di Venezia, che hanno portato alla disarticolazione della famiglia Multari. Il primo filone è relativo alla procedura di vendita all’asta di due abitazioni di Domenico Multari, oggetto di procedura fallimentare. In entrambe le circostanze le aste sono andate deserte e il clan è riuscito ad intestare i beni a corrèi o prestanome.

Il secondo troncone è partito dall’incendio dello yacht “Terry”, ormeggiato in Sardegna, nel porto di Alghero (Sassari). Il natante era stato venduto da un imprenditore del settore nautico veneziano con gravi vizi strutturali e divenuto quindi oggetto di contenzioso con l’acquirente.

Il venditore, per non consentire l’esecuzione delle perizie del caso sul natante, avrebbe dato mandato ad un malavitoso calabrese di incendiare lo yacht. Dopo un primo tentativo, che aveva portato solo parzialmente alla sua distruzione, l’intervento dei carabinieri aveva impedito la reiterazione del reato.

A ciò si aggiunge tutta una serie di singole dinamiche, a volte senza alcuna rilevanza penale, che hanno permesso agli inquirenti di ravvisare «un chiaro modus agendi di stampo mafioso».

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