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Luca Palamara, radiato ma non sconfitto: la sua battaglia

L'ospite di oggi è Luca Palamara. Parlando di Covid si finisce per parlare poco di giustizia e delle aule di tribunali che in questo momento funzionano molto a rilento. L'ex magistrato radiato dal Csm ha annunciato in questi giorni il suo impegno a battersi per una sistema giudiziario migliore.

Luca Palamara, ex presidente dell’Anm e pm di Roma, è stato radiato dalla magistratura, diventando il primo consigliere del consiglio superiore e presidente dell’associazione magistrati ad essere rimosso dall’ordine giudiziario. Un inedito precedente tutt’altro che auspicabile.

Le accuse e i propositi di Palamara

Pesanti le accuse mosse all’ex magistrato, accuse di pilotaggio per fini personali della nomina del procuratore di Roma.  Nello specifico riguardano un incontro con altri cinque consiglieri del Csm, ora tutti dimessi e sotto provvedimenti disciplinari.

L’ex magistrato tuttavia non è intenzionato a semplicemente accettare il verdetto della commissione, la sua priorità è il ricorso alla Cassazione nella speranza di rientrare in Magistratura, ma nel frattempo Palamara non è rimasto inattivo.

 Luca Palamara, radiato ma non sconfitto

Fa parte della Commissione giustizia del partito radicale, piattaforma che intende utilizzare per condividere il proprio bagaglio culturale e di esperienza come magistrato.

I propositi dell’ex consigliere sono semplici, ricomporre i fatti significativi nell’interesse di una difesa a tutto tondo e nell’interesse di valutare l’utilizzabilità delle prove portate dall’accusa. Palamara lamenta come le accuse a lui mosse fossero fuori contesto, visto che agiva, nel momento interessato, come rappresentante e non come magistrato.

“Non desidero autoassolvermi” dice l’ex magistrato “ma è necessario per rispetto all’opinione pubblica mostrare a pieno il contesto in cui ho operato ed eseguito le mie funzioni”

Palamara sottolinea la necessità di inquisire sul meccanismo generale delle nomine alla procura, non nel caso della singola inchiesta, ma negli ultimi vent’anni.

Il futuro della cyber security

Le accuse mosse a Palamara sono sulla base di prove ottenute con lo strumento di intercettazione di ultima generazione, installato nel suo telefono, definito il “Trojan Horse“.

La  difesa nell’inchiesta ha fatto suo punto di forza il fatto che questo strumento ha fornito solo registrazioni spezzettate e fuori contesto,  per limiti tecnologici.

Questo rende le prove nient’affatto schiaccianti e porta alla luce una questione morale sull’invasione della privacy che un programma di registrazione attivo in maniera irregolare comporta. Palamara stesso ha visto l’accusa originale a suo carico cadere, sostituita da quelle relative al suo colloquio con i consiglieri.

L’ex consigliere sottolinea l’intercettazione come strumento vitale nella lotta al crimine organizzato, ma esorta all’utilizzo di strumenti simili solo in maniera coscienziosa ed efficiente.

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