La Voce della Città Metropolitana

IRE a Venezia: comunità educativa per ragazze

Due storie queste che hanno come vittima bambini ed adolescenti di cui non sempre le strutture pubbliche si occupano con sensibilità. Dopo il caso di Bibbiano proseguiamo il nostro viaggio nelle comunità veneziane con Roberta Ruggeri educatrice presso una comunità famiglia del'Ire di Venezia.

Roberta Ruggeri risponde a Maria Stella Donà. E’ laureata in Lettere, è un’educatrice professionale, e si occupa della comunità IRE a Venezia.

La comunità

L’IRE., Istituzioni di ricovero e di educazione, è un ente veneziano di pubblica assistenza e beneficenza, costituito nel 1939, riunendo quindici antiche istituzioni di ricovero. L’articolo tre dello Statuto recita: “Le attività svolte consistono in servizi, prestazioni e azioni di prevenzione del disagio sociale a favore di anziani, disabili, minori, giovani adulti, persone e famiglie in difficoltà relazionali, economiche o abitative, senza alcuna discriminazione”.

Rilevante è anche la sua portata culturale: attraverso le proprietà immobiliari, le opere d’arte e soprattutto l’archivio è possibile conoscere sette secoli di storia veneziana.

L’attuale Servizio per i minori e giovani adulti discende, quindi, da un’antichissima tradizione: il Conservatorio delle zitelle periclitanti sull’isola della Giudecca accoglieva giovani ragazze fin dalla metà del 1500, il Pio luogo delle Penitenti presso San Giobbe nel 1700 preveniva la prostituzione e dal 1800 al 1969 l’Istituto Manin, fondato per volontà testamentaria dall’ultimo doge di Venezia, offriva assistenza educativa a bambini e ragazzi abbandonati.

Il progetto educativo dell’IRE

Oggi l’I.R.E. propone un progetto d’intervento educativo per ragazze, articolato in tre fasi successive, che le accompagna dalla minore età alla piena autonomia:

  • la Comunità Educativa per minori adolescenti “Arturo Pompeati”, accreditata presso la Regione Veneto secondo la Legge 22/2002, in cui intervengono un coordinatore, 7 educatori e un operatore socio-sanitario
  • l’appartamento di sgancio “Maddalena” per neo-diciottenni, in cui intervengono un educatore e una psicologa
  • il social housing autogestito “San Polo” costituito da quattro unità abitative in un piccolo condominio per giovani adulte, seguite a distanza dall’educatore dell’appartamento di sgancio.

In linea con la normativa vigente, il Servizio collabora con il Tribunale per i minorenni e i Servizi Sociali, che vigilano sui singoli progetti educativi. Viene, infine, promossa la costante integrazione con il territorio, per favorire l’inclusione sociale.

L’appartamento di sgancio

Dal primo gennaio 2004, data in cui è stato aperto l’appartamento di sgancio, al 31 maggio 2019 sono stati accolti in Comunità 30 minori, di cui 23 hanno proseguito il loro percorso nell’appartamento di sgancio, 2 sono rientrati presso familiari e parenti e 5 hanno fatto scelta di vita autonoma. Da questi dati si evince che, essendo il Servizio articolato in più fasi garantendo un percorso di sostegno all’autonomizzazione dopo la maggiore età, è scelto dai Servizi invianti per tutti quei minori per cui un ricongiungimento familiare appare improbabile.

Le ragazze

La comunità ospita 8 ragazze, dai 12 ai 18 anni. Sono ragazze adolescenti e vivono in comunità come una famiglia, con delle piccole quotidianità, come fare la colazione, incontrare gli amici, fare sport e altro.

“Accogliamo sia ragazze italiane che straniere, – parla Roberta Ruggeri – ma che sono cui con la loro famiglia. Le nostre ragazze non sono contente di essere in comunità. Nel senso che arrivano sentendosi un po’ punite per una situazione difficile che è però quella propria famiglia.”.

Infatti, nelle comunità educative vengono accolte minori che, per decreto del Tribunale dei Minori, vengono allontanate dalla famiglia per delle condizioni famigliari di disagio, di grave deprivazione, e altro.

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