La Voce della Città Metropolitana

Porto di Venezia: il futuro. Parla Pino Musolino

Il porto soffre perchè calano gli arrivi di merce di consumo al punto che anche oggi è stata annunciata la messa in cassa integrazione di altri portuali, eppure ci sono imprenditori che importerebbero più merce se i canali fossero stati scavati e se lo scavo non viene ultimato la capitaneria respingerà le navi.

Pino Musolino è intervistato in merito alle condizioni economiche e tecniche del porto di Venezia.

Il porto subisce sia le conseguenze della pandemia in termini di contrazione del traffico, che il massiccio problema rappresentato dal sistema Mose, irrisolto da tempo ormai. A questo si aggiungono le tensioni causate dallo sciopero dei lavoratori portuali.

La salute e il futuro del porto di Venezia

Il commissario sottolinea come, nonostante  il duro colpo subito dal movimento navale, il porto Veneziano abbia subito meno perdite rispetto alla media nazionale.  Grazie al ridisegno delle rotte da parte di varie compagnie, il porto di Venezia ha mantenuto un livello di traffico si basso, ma non disastroso.

Grazie al massiccio riavvio delle attività dopo la riapertura, nell’ultimo periodo il porto ha visto ancora il traffico di navi salpate negli ultimi mesi, un risultato positivo ma, purtroppo, a breve termine.  C’è da aspettarsi una nuova contrazione del traffico nei prossimi mesi, l’unica domanda è per quanto tempo.  Tuttavia il porto conta ben 1269 imprese, che, sebbene soffrano collettivamente le circostanze, non sono tutte esclusivamente legate al movimento delle merci.

La pandemia e il traffico marittimo

A queste difficili circostanze si è aggiunto lo sciopero dei lavoratori portuali, che pretendono di far sentire posizione a lungo ignorate.  Le richieste hanno finalmente portato i loro frutti a settembre, quando, dopo una lunga diatriba burocratica, hanno ottenuti il via libera per gli escavi manutentivi.

Con la ripartenza dei lavori di manutenzione del fondale ora il porto, per la prima volta da Giugno 2019, è in grado di ospitare le navi più grandi. I fenomeni di interramento hanno impedito di mantenere la quota di dodici metri di fondale, il che ha costretto l’autorità portuale a reindirizzare le navi oceaniche.

Il Mose, un decennio di inadeguatezza

Oltre alle novelle difficoltà portate dalla pandemia, altri problemi gestionali di lunga data persistono.  L’inefficienza del bacino idrico nel gestire l’attivazione del Mose è e rimane fonte di perdite significative. “E’ difficile da quantificare” dice Musolino “ma con una stima si potrebbe parlare di fino a 200.000 Euro ad attivazione”.

Il problema ingegneristico rappresentato dal Mose non rappresenta una sorpresa, esiste da anni, e le relative perdite erano previste. Quello che Musolino sottolinea è la mancanza di sviluppi mirati a sistemare le criticità per il lungo termine. Non sono stati applicati i correttivi necessari a garantire massima efficienza operativa congiunta di porto e Mose. “La conca di navigazione è stata pensata male e sviluppata peggio” afferma Musolino.

I fondi stanziati per la ristrutturazione, soggetto di numerose inchieste, si sono rivelati non sufficienti, e le misure di contenimento atte a ridurre le perdite previste, non sono state efficienti.

Musolino rimarca che potenzialmente i problemi relativi al Mose potrebbero già essere risolti, provvisti i mezzi e le dovute autorizzazioni. “Quello che serve” conclude con decisione il commissario “sono migliore comunicazione istituzionale e l’accelerazione dei processi tecnici”.

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