
Il 1° Maggio si celebra la Festa del Lavoro. Nei suoi 1600 anni di storia Venezia e il suo territorio sono state centro nevralgico di attività lavorative, produzione, scoperte, investimenti, centro economico e finanziario per attività di commercio e impresa. Soprattutto luogo di nascita e crescita di aziende che hanno innovato, dato lavoro a centinaia di famiglie. Dall’arte dei calzolai, ciabattini e zoccolai alla produzione 4.0 delle aziende calzaturiere di oggi. Il territorio della Riviera del Brenta ospita, da oltre 100 anni, un apparato manifatturiero legato al settore delle calzature che ancora oggi domina le scene dell’imprenditoria locale.
Da realtà agricola a realtà industriale, questo asse territoriale si è sviluppato negli anni fino a diventare un esempio. Espansione economica fondata sulla produzione e sul commercio a livello internazionale di calzature del Made in Italy del luxury.
La Riviera del Brenta
Il fatturato del distretto calzaturiero della Riviera del Brenta, nel 2019 ha sfiorato i 2,1 miliardi. Il comparto ha realizzato quasi 21 milioni di paia di scarpe, il 92% destinate ai mercati esteri. Ciò ha dato occupazione ad oltre 10500 addetti. Le radici della specializzazione di questo territorio affondano nell’eredità manifatturiera che gli antichi calegheri, i mastri calzaturieri veneziani e padovani hanno trasmesso ai loro successori.
Da agricoltura a realtà industriale: lo sviluppo dell’industria calzaturiera del Brenta
Nel territorio della Riviera del Brenta verso la fine dell’800 l’agricoltura era l’unica possibilità di sostentamento per gli abitanti della zona. In un periodo di arretratezza e ruralizzazione, la vicinanza a città come Padova a giocare un ruolo fondamentale per le attività artigianali e commerciali che avevano reso grandi queste due città negli anni. Quei saperi taciti e le competenze tecniche dei vecchi calzolai e ciabattini veneziani e padovani non poteva scomparire. Fu proprio questo il punto di partenza per una ripresa economica verso lo sviluppo di quello che oggi è uno dei territori italiani più forti nel settore del calzaturiero.
La storia dei calzolai, zoccolai e ciabattini delle campagne del Brenta
In passato il mestiere del calzolaio era quello di confezionare, sottocommissione, scarpe nuove e su misura oppure ripararle. Le botteghe dei calzolai erano caratterizzate da una piccola stanza che conservava gli attrezzi del mestiere e i materiali come il cuoio. Il calzolaio lavorava principalmente seduto su uno sgabello davanti a un tipico banchetto.
Gli attrezzi del mestiere
Gli utensili erano appesi al muro in ordine in modo che il calzolaio sapesse sempre dove fossero e non perdesse tempo nella ricerca dell’attrezzo giusto. Gli strumenti dei calzolai erano sempre gli stessi. La forma in ferro dove si infilava la scarpa per farla restare ferma. Un martello di foggia particolare con una testa piatta da un lato che si restringeva per poi allargarsi di nuovo verso il foro del manico e dall’altro lato una forma di scalpello senza.
Non mancavano il coltello senza di manico con una striscia metallica e con un taglio obliquo. La lesina e il punteruolo servivano per fare i fori sul cuoio. Gli aghi flessibili e lo spago per le cuciture veniva solitamente impeciato e arrotolato, puntine, chiodini, brocche, un attrezzo in legno di bosso per lucidare e tenaglie.
Nei tempi di povertà le scarpe rotte si aggiustavano
A cavallo tra ‘800 e ‘900, quando la povertà faceva da padrona, scarpe e scarponi rotti non si buttavano. Si inserivano rinforzi all’interno della tomaia o si applicavano mezze suole o tacchi. All’ epoca, erano pochi quelli che potevano permettersi il lusso di commissionare la creazione di scarpe nuove in cuoio.
I giorni in cui il calzolaio lavorava di più erano quelli verso la fine della settimana. I clienti, che portavano le scarpe a riparare, le volevano pronte per la domenica per poterle indossare a messa o alle feste. Quando le scarpe da riparare erano troppe, il calzolaio restava sveglio fino a tardi. Il lunedì andava mercato ad acquistare il materiale.
Le scarpe non erano un bene di prima necessità
Solitamente da marzo fino a settembre, nelle zone di campagna come quella della Riviera del Brenta, i più poveri, e i ragazzi, andavano in giro scalzi. In inverno venivano utilizzate le cosiddette sgàlmare anche dette sopéi. Queste avevano una tomaia in cuoio, ricavata dal riutilizzo di vecchi scarponi. La suola in legno usate da chi non poteva permettersi scarpe più costose.
Per non rischiare che si rompesse subito, la suola era rinforzata da chiodi dalla testa larga e queste scarpe venivano utilizzate per lo più in campagna o a casa perché segno di povertà. Gli zoccoli, completamente in legno venivano utilizzati in casa. Gli zoccolai, maestri nella lavorazione del legno tenero, confezionavano sia le sgàlmare che gli zoccoli.
Ciabattini maestri della morbidezza
Se gli zoccolai erano specialisti nella produzione di scarpe “dure”, i ciabattini erano i maestri delle scarpe più morbide che avvolgevano il piede solo nella parte anteriore. Queste calzature venivano realizzate in legno e cuoio oppure in cuoio e sughero. Uno dei capostipiti del mestiere di ciabattino nel territorio Brentano fu Gaetano Carrato. Egli era attivo nella produzione di queste scarpe già dal 1865 con la bottega dalla quale uscirono i suoi successori, i fratelli Giuseppe e Vittorio Neri. I due si distinsero per la creazione di particolari tipologie di scarpe: mue, muete, mueoti e caéci.
Le prime avvolgevano il piede solo davanti e avevano tutta la zeppa in legno il rialzo tra la suoletta e la suola) e si distinguevano dalle muete perché queste avevano la zeppa solo nella parte posteriore. I mueoti avevano una zeppa in sughero a tutta pianta che era nuda o ricoperta da una fascetta di pelle. I caéci, invece, erano calzature molto rigide fatte in cuoio e pelle spessi. Le Caèci erano dei pezzetti di legno che servivano a tenere unite le suole al posto dei chiodi.
La storia di Luigi Voltan
Voltan è stato il primo calzaturificio fondato nel 1898 da Luigi Voltan. Egli emigrò negli Stati Uniti e aprì in Riviera del Brenta la prima azienda tecnologica in grado di produrre scarpe a livello industriale. Essa è testimonianza ancora attiva dell’eccellenza calzaturiera inserita nel distretto industriale della Riviera del Brenta. Luigi ha sfruttato le conoscenze tecnologiche acquisite in un territorio sviluppato come quello statunitense e le ha applicate un territorio agricolo come quello della Riviera del Brenta.
Figlio d’arte, Luigi Voltan, è nato nel 1873 e ha iniziato a seguire fin da bambino le orme di suo padre, calzolaio della zona. Negli Stati Uniti è entrato subito a contatto con le novità tecnologiche della produzione industriale delle calzature sviluppando un nuovo modo di intendere la produzione delle scarpe e portandolo in Italia.
È così che quel ragazzo originario di Stra ha acquistato i primi macchinari usati dagli americani per portarli in Veneto fondando il primo calzaturificio italiano che utilizzava macchine per fare scarpe.
Da una prima produzione “all’americana” di calzature economiche e anfibi militari, l’azienda oggi è passata al settore del lusso con la produzione “all’italiana” di calzature di fascia medio-alta realizzate con materiali di alta qualità. Tra i vari brand che l’azienda ha sviluppato negli anni, si distingue quello di Alexandra Voltan che dedica la sua collezione di scarpe interamente alla città di Venezia.
Questa, infatti, ha come simbolo proprio il leone alato, icona della Serenissima e di San Marco e stesso tempo anche della filosofia di Voltan di far volare la fantasia senza perdere di vista la determinazione per la realizzazione dei propri prodotti proprio come l’animo di un leone. Questa linea di scarpe, è realizzata con l’utilizzo di tessuti veneziani e adornata con accessori in vetro di Murano.
Oggi, l’azienda, giunta alla quarta generazione, è guidata dai pronipoti di Luigi Voltan, Emanuele e Marco. È così che innovazione e tradizione camminano di pari passo. Il territorio della Riviera del Brenta con i suoi calzaturifici continua a fare la storia dell’imprenditoria sia in Italia che nel mondo.