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Eni archivia anche l’impianto del cracking

Eni annuncia la chiusura definitiva dello stabilimento petrolchimico di Porto Marghera. La preoccupazione dei lavoratori si fa seria.

In subbuglio i lavoratori del cracking del Petrolchimico di Porto Marghera. Eni ha fatto sapere che chiederà definitivamente lo stabilimento per la primavera 2022.

Il cracking del Petrolchimico di Porto Marghera

Momento di turbolenza per i lavoratori del cracking del Petrolchimico di Porto Marghera. Eni ha annunciato la chiusura definitiva dello stabilimento per la primavera dell’anno prossimo. Ha però assicurato ai sindacati il mantenimento dei 400 posti di lavoro, che sfumerebbero con la fermata dell’impianto.

C’è l’intenzione, infatti, di spostare la manodopera in Eni Rewind (per il risanamento ambientale di siti petrolchimici) e nello Steam Reforming per l’idrogeno.

Le promesse degli anni passati

Le organizzazioni sindacali però non credono alla promessa. Infatti ritengono insufficienti gli investimenti proposti da Versalis per riassorbire la manodopera. Già nel 2015 Eni annunciò la fermata del cracking di Porto Marghera con l’obiettivo di riconvertire la produzione nella chimica verde. Nell’anno successivo però, a un passo dalla cessione dell’impianto al fondo americano Sk Capital, bloccò la trattativa.

Inoltre riavviò le lavorazioni chimiche tradizionali, rese convenienti dalla riduzione del valore di mercato del greggio.  Nel 2019, infine, Eni aveva annunciato la volontà di ridurre del 30% la produzione di etilene. Il sindacato denuncia che questi investimenti non sono mai stati rispettati. Chiedono quindi un piano industriale.

La svolta green di Eni

La svolta green di Eni è sotto gli occhi di tutti con la riconversione della raffineria. Eni dal 2014 ha avviato a Venezia la prima bio-raffineria al mondo riconvertita da un impianto tradizionale, che impiega 200 persone. Intende continuare a investire in produzioni alternative nella logica della riconversione ambientale ed energetica.

Il timore, però, è che la virata non assorba tutti i posti di lavoro attuali esistenti. Oltre ai 400 che lavorano direttamente per Eni, ce ne altri 400 che vivono dell’indotto. Inoltre c’è il reale rischio che la chiusura del cracking di Porto Marghera metta in discussione le produzioni a valle dei petrolchimici di Mantova e Ferrara, causando così un effetto domino di chiusure e dismissioni.

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