Siamo in collegamento quindicinale con l’Ufficio studi della CGIA di Mestre che continua a monitorare la situazione che in continua mutazione, è molto variabile e non va bene come dovrebbe andare dopo la ripresa. Nonostante i vaccini e la riapertura.
L’Ufficio studi della CGIA di Mestre ha puntato il dito, nei giorni scorsi su una questione, le banche non prestano denaro alle imprese.
“Siamo in una fase dova la notizia è quella che, nonostante quelle che sono state le enormi garanzie statali dove lo stato è venuto incontro alle imprese e alle famiglie con garanzie stabili nei confronti dei prestiti, di base, alle imprese. Sono state garanzie pari anche al 100%. Quindi ha annullato quello che era il rischio bancario nel prestare soldi alle imprese. E, nonostante gli utili enormi che sono stati fatti nel 2020, ma anche nel 2021, in previsione dagli istituti bancari; da novembre dell’anno scorso, quello 2020, assistiamo a quelli che sono i prestiti in essere alle imprese.
Cosa vuol dire: in una fase di ripresa economica, che qualcuno ha anche indicato come economico perché il PIL sale di 6-7 punti percentuali nel 2021, l’andamento dei prestiti non segue questa tendenza generale. Quando è stato tra il 2014 e il 2019, ovvero quando l’economia cresceva, il credito diminuiva”. Questo è quanto è stato affermato da Daniele Nicolai della CGIA di Mestre.
Questo è legato un po’ al famoso bazooka di cui parlava Conte o è un altro scenario? Ne avete parlato alla CGIA di Mestre?
“Diciamo che l’opera credito da parte del governo è stata fatta in modo intelligente. Nel senso che bisognava invertire una caduta dei prestiti alle imprese in atto ormai da anni. Questo bazooka non ha dato i risultati sperati. Questo perché se analizziamo attentamente i dati, andiamo a vedere che per le garanzie sono stati messi in atto 250 miliardi di finanziamenti e ci aspettavamo che una parte di queste si tramutasse in un credito aggiuntivo.
Questo non c’è stato e stiamo ristagnando su dati che sono prossimi al novembre dell’anno scorso. Ciò significa che in parte questi prestiti, che già erano in essere, sono stati rinnovati e sostituite dalle banche facendo leva su questa garanzia sociale quindi non ci sono stati tanti prestiti aggiuntivi ma sostitutivi. In sostanza non c’è stata una corsa agli investimenti e questo li ha frenati”. Ha commentato Daniele Nicolai della CGIA di Mestre.
Il ruolo delle banche
Significa che è un po’ in evoluzione il modo di fare banca giusto? La banca era nata una volta per prestare soldi e aiutare le persone ad aprire un’impresa. Ancora adesso ci sono delle banche mondiali, il Piccolo Credito che aiuta per esempio in Africa le donne, le piccole imprenditrici. Gli danno magari pochi soldi ma questo gli aiuta a far riparte l’economia. Questo concetto sta un po’ scomparendo in Italia, la banca fornisce servizi, si fa dare la provvigione sui bancomat per gestire i conti correnti…
“Sì sta un po’ cambiando il ruolo, quindi i prestiti di credito. Sta succedendo che un passaggio più forte al fatto che le banche non fanno solo credito ma offrono servizi alle imprese. Sono attive alla consulenza aziendale, sono creative nella creazione di Business plan piuttosto che nella gestione di software. Fanno sempre meno quella che è la loro funzione vitale, quello che dovrebbe essere il loro core business ovvero il dare a prestito.
Innanzitutto bisogna dire che anche in generale in Italia, i ragionamenti che fanno i loro amministratori delegati dicono che questa fase di supporto creditizio venga messa non dico in secondo piano ma venga accompagnata da questa serie di servizi. Quindi a tutti gli effetti le banche stanno diventando dei consulenti di impresa, vengono meno in questo caso al loro ruolo.
Questo si vede soprattutto nelle imprese. Al di là di tutto possiamo dire che nella nostra regione, qui in Veneto, stiamo notando un calo dei prestiti maggiore rispetto agli altri territori. Questo per una serie di ragioni anche per il fatto dei big player veneti nella nostra regione”.
Puoi tradurre?
“Noi avevamo molte banche popolari venete, che messe insieme fanno un gruppo bancario europeo. Ormai la finanza veneta si sblocca su Roma. Non abbiamo più delle banche nostre, al di là del Credito Cooperativo, che abbiano una funzione molto buona e asseconda i prestiti delle piccole imprese. Non abbiamo una grossa banca che abbia sede in Veneto.
Questo lo abbiamo pagato e si è visto soprattutto nell’ultimo anno quando, per le piccole imprese, c’è stato un calo di prestiti buoni, quelli che non sono “cattivi” e non generano sofferenze e difficoltà di restituzione. Purtroppo nella nostra regione, nell’ultimo anno, c’è stata la tendenza a non rilasciare prestiti. In una regione, il Veneto, che è la regione, insieme alla Lombardia e all’Emilia Romagna, che è cresciuta di più nel 2021 dal punto di vista dei guadagni”. Ha continuato Daniele Nicolai della CGIA di Mestre.
Mi verrebbe da dire “meno male”. Anche senza prestiti delle banche, i veneti non si sono arresi. Cosa ne pensato alla CGIA di Mestre?
“Non si sono arresi perché sono ricorsi soprattutto all’autofinanziamento, anche se la questione della liquidità è sempre una problematica. Sappiamo che dobbiamo molto spesso anticipare tasse rispetto alle competenze e dall’altra parte dobbiamo generare una serie di spese per sostenere la nostra impresa, pagare i dipendenti, pagare i fornitori e mantenerla in vita.
Il credito è sicuramente necessario non solo per fare investimenti, ma anche per gestire una fase di liquidità è comunque critica per le piccole imprese. Se andiamo ad analizzare i dati, ci accorgiamo che le piccole imprese sono quelle che hanno meno credito e quelle che fanno più fatica ad andare avanti”.
Le piccole imprese
Le piccole imprese hanno capito che facendo squadra, tutto funziona meglio, infatti molte si sono associate. Io stessa, durante il Covid, ho scoperto delle realtà di cooperative che stanno andando molto bene perché si sono messe insieme. L’abbiamo detto più volte che c’è un mondo politico che è contro la piccola impresa perché preferisce la grande impresa e multinazionale, per tutte una serie di ragioni e c’è invece un altro mondo politico che preferisce le piccole imprese. La banca, in questo schieramento, da che parte sta?
“La banca sta soprattutto dalla parte dei rating, anche per colpe non sue, ma per una politica di respiro più europeo, che negli anni scorsi ha imposto determinati vincoli alle banche. Ha imposto alle banche di misurare con schemi applicabili più alla grande impresa, quelli che sono i meriti del credito, ovvero la facoltà delle imprese di chiedere dei finanziamenti ed essere in regola con i bilanci per ottenerli. Purtroppo in un contesto economico italiano della piccola impresa, questi rating, molto spesso, non si adattano bene a questo modello e di conseguenza è venuto meno anche la volontà delle banche di prestare soldi alle piccole imprese.
Tendenzialmente, nei loro attivi, andavano a peggiorare la ricchezza ponderata per il rischio a cui andavano in contro. Questo è stato il motore che ha generato anche un comportamento delle banche, rispetto alle piccole imprese, dove per fare rating ci vuole tempo, ci vogliono ore uomo e conseguentemente costi. Ha iniziato a mettere in secondo piano questi tipi di finanziamenti, che sono utili perché in una fase di risposta alla crisi, abbiamo visto che è la piccola impresa, non avendo grossi vincoli dimensionali, riesce a reagire prima e abituarsi a convertire il proprio modello produttivo e ad assecondare meglio le esistenze dei clienti. Riesce a dare una risposta immediata alla sua economia e all’esigenza di ripartire”.
Ci vorrebbe un ufficio che valuta bene i rischi, perché legarsi ad una grande multinazionale, investire in questa e se poi questa non funziona, trascina anche la banca, no?
“Sì. Tra l’altro bisogna guardare anche con attenzione i dati perché è vero che la grossa parte del credito è destinata alle medie e grandi imprese, però dobbiamo tener conto che anche la stessa quota è generata in termini di sofferenze. Quindi non è vero che le medie o le grandi imprese restituiscono il credito meglio delle piccole. Siamo sostanzialmente in parità. Credere di più in una piccola impresa, non vuol dire poi non avere ritorni economici sul fronte dei ricavi”. Ha concluso Daniele Nicolai della CGIA di Mestre.
Sto pensando all’MPS che in questo momento sta vivendo un momento difficile. È tutta un’altra questione e ne parleremo magari un’altra volta. Non ci hai dato belle notizie, ma andiamo avanti e vedremo cosa accadrà tra 15 giorni quando ci racconterai come sarà la situazione.
“Va bene, grazie”.